
“I Paesi europei non devono intaccare il welfare e le conquiste sociali, ma oggi il 2% del PIL in spese militari non è più un traguardo, bensì un punto di partenza”. Con queste parole, il ministro della Difesa Guido Crosetto interviene in un’intervista rilasciata a La Stampa, tracciando un quadro preoccupante sullo stato della difesa nazionale. Crosetto avverte: “Non abbiamo né risorse, né scorte, né investimenti adeguati per sostenere la difesa dell’Italia nei prossimi anni. Lo dicono le forze armate e i tecnici della difesa, non io. Anche un ministro dei Cinque Stelle direbbe lo stesso”.
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Norme, investimenti e trattamento giuridico
Il ministro sottolinea la necessità di un doppio intervento: da un lato un incremento sostanziale degli investimenti militari, dall’altro una revisione normativa. “Le forze armate non possono essere trattate come il pubblico impiego: non si può mandare uno a combattere fino a 65 anni. Serve un trattamento giuridico diverso”.
Rapporto con gli Stati Uniti e produzione degli F35
Crosetto rivendica il ruolo strategico dell’Italia sul piano internazionale: “Siamo il primo Paese al mondo, oltre agli Stati Uniti, in grado di produrre F35 e l’unico dove si formeranno piloti per questi velivoli. È un programma che dimostra come si possano avere ritorni economici superiori a quanto speso”.
Europa e negoziati sull’Ucraina
Sulla guerra in Ucraina, il ministro sottolinea il ruolo che dovrebbe assumere l’Europa nei futuri negoziati: “È giusto che sieda al tavolo, ma per farlo serve l’aiuto americano”.
Critiche alla burocrazia europea e al piano Ursula
Crosetto attacca duramente la burocrazia europea e le politiche ambientali ritenute eccessive: “Alcuni burocrati escono da Bruxelles solo per le vacanze. Le follie ideologiche di certa sinistra ambientalista hanno messo in ginocchio il nostro sistema industriale”.
Infine, sul piano Ursula, il ministro critica l’orizzonte temporale troppo ristretto e rilancia: “Serve una deroga per spalmare il debito nazionale su 20 anni, accompagnata da un ombrello europeo simile a quello attivato durante il Covid, per non gravare sui bilanci dei singoli Stati”.