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Dazi, export e gas: Giorgia Meloni vola da Trump, tutti i punti sul tavolo

Pubblicato: 16/04/2025 07:51

Portare a casa un risultato concreto sul fronte dei dazi commerciali, utile a Roma ma anche coerente con la linea di Bruxelles. È una strada stretta, piena di ostacoli diplomatici e politici, quella che giovedì 17 aprile porterà la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nello Studio Ovale. L’obiettivo è duplice: ridurre le tensioni sui dazi imposti dagli Stati Uniti alle merci europee e porsi come ponte tra Washington e l’Unione Europea. Una missione tanto ambiziosa quanto delicata, che arriva in un momento di alta tensione internazionale e in un clima economico fragile.

Meloni è sotto pressione non solo sul fronte estero, ma anche sul piano interno. La sua priorità è difendere un’economia nazionale fortemente dipendente dall’export, con un surplus commerciale di 40 miliardi di euro verso gli USA nel 2024. Un valore che Roma vuole proteggere con forza, ma che deve essere inserito in una cornice più ampia: quella degli interessi dell’intera Unione Europea, unita – almeno formalmente – sotto la bandiera del libero mercato e della cooperazione transatlantica.

Il contesto, però, è tutt’altro che favorevole. A Washington i segnali che precedono l’incontro con Donald Trump – l’ex presidente americano, ora di nuovo al centro della scena – non sono affatto concilianti. Nonostante una vicinanza personale e politica, la premier italiana si trova di fronte a un interlocutore imprevedibile, che nelle ultime settimane ha agitato i mercati e riaperto il fronte protezionista. Il suo obiettivo? Rinegoziare i rapporti commerciali con l’Europa, anche a costo di un nuovo conflitto doganale.

A Palazzo Chigi, il viaggio è stato preparato nei minimi dettagli. Meloni ha riunito nei giorni scorsi i vicepremier Salvini e Tajani, i ministri Giorgetti, Crosetto e Foti per un vertice riservato. Tra le proposte sul tavolo, c’è l’aumento degli investimenti italiani negli Stati Uniti, l’acquisto di gas naturale liquefatto (GNL) e di materiale militare made in USA. Il governo punta a rassicurare la Casa Bianca anche sul fronte Nato, promettendo di raggiungere presto l’obiettivo del 2% del PIL per la difesa, senza dover attivare la clausola nazionale per sospendere il Patto di stabilità europeo.

La questione militare è, infatti, un altro punto chiave dell’agenda. L’Italia si sta preparando a rimodulare la spesa pubblica per inserire nuove voci sotto la dicitura “Difesa”: dalla cybersicurezza alle missioni internazionali. L’intento è di presentarsi come un partner credibile nell’Alleanza Atlantica. Meloni lo ribadirà anche a Trump, confermando l’impegno a stanziare 10 miliardi aggiuntivi, per avvicinarsi – e forse superare – il traguardo indicato dal vertice Nato, che potrebbe essere fissato al 3,5%.

Altro fronte delicato è quello del rapporto tra Europa e Cina. In un momento in cui Pechino cerca spazi di manovra tra le due sponde dell’Atlantico, Meloni intende ribadire che l’Italia è fedele all’asse occidentale. Ma chiederà a Trump maggiore flessibilità sul Green Deal europeo, in particolare sulla web-tax e sullo stop alla vendita di auto a motore endotermico dal 2035. Temi considerati spinosi da Washington, che li interpreta come barriere indirette all’industria americana. Sullo sfondo resta il timore di una nuova guerra commerciale tra USA e UE, che avrebbe effetti devastanti anche per l’Italia.

La Commissione Europea osserva con attenzione la missione di Meloni. Se da una parte alcuni governi, come quello francese, temono che l’Italia agisca in autonomia minando l’unità dell’Unione, da Bruxelles è arrivato invece un segnale di sostegno cauto, nella consapevolezza che il confronto diretto con Trump può aprire spazi di negoziazione. Anche perché, la sospensione temporanea dei dazi annunciata la scorsa settimana da Trump ha alleggerito la pressione, offrendo una finestra diplomatica che Roma vuole sfruttare fino in fondo.

L’incontro del 17 aprile alla Casa Bianca è solo il primo passo. Il giorno successivo, a Roma, arriverà il vicepresidente americano J.D. Vance, che vedrà Meloni, Salvini e Tajani. A maggio, poi, sarà la volta del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, atteso negli Stati Uniti per incontrare il segretario al Tesoro. Un terzo round cruciale, che potrebbe determinare il futuro degli equilibri commerciali tra Europa e America. Con Meloni nel ruolo, tutt’altro che semplice, di mediatrice tra interessi nazionali e strategie globali.

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