
Un intervento programmato e apparentemente semplice, un’anestesia generale, un risveglio con una cicatrice nel punto sbagliato. A Palermo, una donna di 64 anni si è ritrovata con un’operazione alla spalla destra, quando tutti gli esami clinici e le indicazioni pre-operatorie parlavano di un tumore benigno sulla spalla sinistra. Un caso che solleva interrogativi pesanti sulla sicurezza e sulla tracciabilità dei protocolli medici nelle strutture sanitarie pubbliche italiane.
La protagonista di questa vicenda ha deciso di presentare una denuncia-querela alla Procura della Repubblica, assistita dall’avvocato Amedeo Di Pietro. Alla denuncia ha allegato esami diagnostici pre-ricovero che attestano chiaramente la presenza di un elastofibroma dorsi sulla spalla sinistra, non sulla destra. Eppure, al risveglio, il dolore alla spalla opposta e la cicatrice visibile hanno rivelato l’errore.
L’assurda giustificazione: “abbiamo tastato e cambiato piano”
Secondo quanto raccontato dalla donna, i sanitari avrebbero spiegato che, “al tatto”, avrebbero riscontrato la presenza di una massa simile sulla spalla destra e avrebbero deciso di procedere su quella, senza informare la paziente né i familiari, né tantomeno aggiornare il piano operatorio. Una decisione sorprendente, che — se confermata — violerebbe qualsiasi protocollo medico basato sul consenso informato, sul rispetto della diagnosi strumentale e sulla verifica pre-intervento.
Errore medico o negligenza procedurale?
Il caso porta sotto i riflettori una domanda cruciale: quanto è garantita la sicurezza dei pazienti in sala operatoria? In ambito chirurgico, errori come quello dell’intervento sul lato sbagliato sono considerati eventi sentinella da segnalare immediatamente al Ministero della Salute, in quanto sintomatici di criticità sistemiche nei protocolli ospedalieri.
La spiegazione dei medici — secondo cui l’elastofibroma sarebbe “sparito” dalla spalla sinistra — solleva dubbi anche dal punto di vista clinico: i tumori benigni non scompaiono improvvisamente e un’eventuale valutazione differente avrebbe richiesto nuovi esami diagnostici, non una valutazione tattile durante l’anestesia.
Una battaglia per ottenere giustizia
La paziente ha dichiarato di voler andare fino in fondo, sia per ottenere giustizia personale che per sollevare l’attenzione pubblica su episodi che rischiano di rimanere nell’ombra. Ora spetterà alla magistratura fare chiarezza, acquisendo documentazione medica, referti, testimonianze, e accertando se ci siano state responsabilità disciplinari, penali o civili.
Questo caso, tuttavia, va oltre la singola vicenda. Solleva interrogativi su quanto siano rispettati i diritti del paziente, sulla trasparenza delle procedure chirurgiche e sulla necessità, oggi più che mai, di un rigoroso controllo dei protocolli ospedalieri. Perché in medicina, l’errore umano può costare caro. E se la fiducia si incrina, a soffrirne è tutto il sistema sanitario.