
Le giornate di primavera nei campus hanno un ritmo tutto loro. Le panchine si riempiono di studenti con libri e caffè ghiacciati, l’aria profuma di libertà e ansia per gli esami imminenti. È un periodo in cui le università sembrano piccoli mondi a parte, sospesi tra sogni e futuro, tra risate nei corridoi e discussioni accese nelle aule.
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Proprio in questi spazi, che dovrebbero rappresentare un rifugio di crescita e confronto, si è spezzato l’equilibrio. Una mattina apparentemente normale si è trasformata in caos, mentre la comunità accademica cercava di comprendere l’impensabile. In pochi attimi, le urla hanno preso il posto delle voci di lezione, e le sirene hanno coperto ogni altro suono.

È accaduto giovedì 17 aprile presso il campus della Florida State University, a Tallahassee. Una sparatoria ha provocato due vittime e cinque feriti, scuotendo profondamente la città e l’intero corpo studentesco. Il principale sospettato è Phoenix Ikner, studente di 20 anni, iscritto al corso di scienze politiche e figlio di un’agente della polizia della contea.
L’arma usata e le indagini in corso
Secondo quanto emerso, il giovane avrebbe avuto accesso a una delle armi d’ordinanza della madre, recuperata sul luogo della tragedia. Le forze dell’ordine stanno approfondendo la dinamica dell’accaduto e le responsabilità connesse alla custodia dell’arma.
La dichiarazione del rettore
«Questo è un giorno tragico per il nostro ateneo», ha dichiarato Richard McCullough, rettore della Fsu: «Siamo profondamente addolorati per quanto accaduto».
Precedenti dichiarazioni pubbliche
Ikner era già apparso nel gennaio scorso sul giornale universitario FSView/Florida Flambeau, in relazione a una marcia del gruppo Tallahassee Students for a Democratic Society (SDS). In quell’occasione aveva rilasciato dichiarazioni controverse in merito all’insediamento dell’ex presidente Donald Trump, dichiarando: «Penso che ormai sia troppo tardi, entrerà in carica il 20 gennaio e non c’è molto da fare, a meno che non si voglia davvero insorgere apertamente, e non credo che nessuno lo voglia».