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Papa Francesco, la decisione sulle ultime ore di vita: la rivelazione del medico

Pubblicato: 24/04/2025 10:17

“Se dovessi perdere coscienza, evitate l’accanimento terapeutico”. È una delle richieste più chiare e umane lasciate da Papa Francesco nei suoi ultimi mesi di vita, secondo il racconto di Sergio Alfieri, il chirurgo che lo ha seguito in momenti cruciali al Policlinico Gemelli. Un’indicazione precisa, già espressa nel 2021, e ribadita durante l’ultimo ricovero: nessuna intubazione, nessun prolungamento artificiale della vita.
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“Lo avrebbe aiutato a respirare”, ha spiegato Alfieri, “ma con i polmoni infettati sarebbe stato quasi impossibile estubarlo. Avremmo solo guadagnato qualche giorno, non la qualità della vita”. In quei momenti delicati, a guidare ogni scelta era Massimiliano Strappetti, l’infermiere che per il Pontefice era “come un figlio”. Solo quando Strappetti annuiva, Francesco accettava i consigli dei medici: “Il medico di Papa Francesco è Jorge Bergoglio”, diceva spesso.

Strappetti è stato vicino al Papa giorno e notte, restando a Santa Marta, dormendo appena tre ore per notte. “Non so come abbia fatto”, confessa Alfieri, che ricorda anche come Francesco abbia seguito con attenzione le indicazioni per il riposo, pur tornando presto al lavoro: “Tornare attivo era parte della terapia”. Anche la decisione di mostrarsi tra la folla a Pasqua, il giorno prima della morte, nasce da un gesto condiviso con Strappetti.

Il decesso è stato improvviso, causato probabilmente da un ictus devastante: “Forse un embolo, forse un’emorragia. In un’ora, se ne è andato”, ricorda Alfieri. Morì dove voleva, a casa, non in ospedale. Era una volontà ribadita più volte.

Tra le sue ultime preoccupazioni c’erano i più deboli: gli embrioni abbandonati. A gennaio aveva chiesto al suo medico di trovare una soluzione affinché fossero “dati in adozione e non utilizzati per la sperimentazione”. “Sono vita”, aveva detto con decisione, “non possiamo permettere che vadano persi. Sarebbe omicidio”. Il progetto non è riuscito a vederlo realizzato, ma Alfieri promette di portarlo avanti.

Come fece nel 2021, quando il Papa volle salvare l’ospedale all’Isola Tiberina. Con due telefonate, uno stanziamento e un aiuto generoso, evitò che diventasse una struttura laica. “Era provvidenza”, disse Francesco. Due anziani, lui e Del Vecchio, uniti in un gesto silenzioso, ma determinante. Un’ultima lezione d’amore e concretezza.

Le ultime ore del Papa

Quel lunedì, però, alle 5:30 del mattino, una telefonata del medico personale Strappetti ha cambiato tutto: “Il Santo Padre sta molto male, dobbiamo tornare al Gemelli”. Alfieri si è precipitato a Casa Santa Marta e ha trovato il Pontefice con gli occhi aperti ma non reattivo. “Non rispondeva nemmeno agli stimoli dolorosi. Era in coma. Ho capito che non c’era più nulla da fare”, ha detto. Papa Francesco, come aveva più volte espresso, non voleva morire in ospedale. E così è stato. È spirato nella sua residenza, circondato da collaboratori e medici, in un clima di preghiera guidato dal cardinale Parolin.

Due interventi tenuti segreti

Non tutti sanno che Papa Francesco è stato operato due volte in gran segreto. La prima operazione risale al 2021, quando il Pontefice soffriva di forti dolori addominali legati a una malattia diverticolare severa. Alfieri racconta: “Mi disse: ‘Ho deciso di operarmi e ho scelto lei’. Gli risposi che l’unico posto possibile era il Gemelli. Accettò, ma pose una condizione: ‘Non dovrà saperlo nessuno. Se la notizia esce, non mi opero più'”.

Per garantire la riservatezza fu diffusa una versione ufficiale: un capo di Stato estero in visita riservata. Il segreto fu mantenuto. Prima dell’operazione, però, accadde un gesto toccante: “Mi benedì le mani. Un’emozione fortissima. Solo ora comprendo appieno il significato: voleva affidarmi qualcosa di più grande del mio lavoro”. Il secondo intervento fu eseguito sempre al Gemelli, quando Bergoglio volle tornare nello stesso ospedale per lanciare un messaggio a favore della sanità pubblica e degli ospedali cattolici. Anche in quell’occasione fu rispettata la massima discrezione. (Continua dopo le foto)

Un’eredità morale e spirituale

Nel corso dell’ultimo anno, Papa Francesco aveva espresso una particolare preoccupazione: il destino degli embrioni crioconservati e abbandonati. Alfieri racconta che il Pontefice gli aveva affidato il compito di trovare una soluzione etica e legale, anche coinvolgendo il Ministero della Salute, per consentire l’adozione degli embrioni: una tematica di frontiera nella bioetica e nella dottrina cattolica. “Non c’è stato tempo per rendere esecutiva la decisione, ma se ci saranno le condizioni voglio realizzare questo suo desiderio”, afferma oggi il chirurgo.

Il medico sottolinea come, negli ultimi giorni, Francesco sembrasse consapevole del poco tempo rimasto: “Aveva chiesto di incontrare tutti i 70 operatori che lo avevano curato. Io gli avevo proposto di aspettare dopo Pasqua. Mi rispose secco: ‘Li incontro mercoledì’”. Un’urgenza che oggi assume il significato profondo di un commiato consapevole.

Il legame tra il Papa e il suo chirurgo andava oltre la dimensione clinica. Era un rapporto di fiducia, di confidenza, ma anche di spiritualità. La benedizione delle mani, il segreto condiviso, la missione affidata: elementi che oggi, con la scomparsa di Bergoglio, assumono il valore di un testamento morale. “Utilizza le tue mani con il cuore”, gli disse. “Era un segreto tra noi tre, ora posso raccontarlo”, conclude Alfieri. Parole che trasformano un gesto medico in una chiamata etica. E che rendono il chirurgo uno dei custodi più silenziosi dell’eredità spirituale lasciata da Papa Francesco.

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