
Un fitto scambio istituzionale divide il ministero delle Infrastrutture, guidato da Matteo Salvini, e l’Associazione nazionale comuni d’Italia (Anci), presieduta da Gaetano Manfredi. Al centro della questione, gli autovelox: strumenti considerati fondamentali per la sicurezza stradale ma da decenni privi di un decreto di omologazione. La Cassazione, con diverse sentenze, ha sottolineato come tale mancanza renda le multe per eccesso di velocità potenzialmente nulle.
Nel frattempo, i ricorsi si moltiplicano, alcuni Comuni spengono gli impianti e il Viminale chiede ai prefetti di difendere i verbali esibendo documenti tecnici mai presentati prima ai giudici. Per cercare una soluzione, lo scorso marzo il Ministero aveva inviato a Bruxelles uno schema di decreto per regolarizzare i dispositivi approvati dopo il 13 agosto 2017. Ma il 24 marzo il testo è stato ritirato: «Servono approfondimenti», si è spiegato.

I numeri del censimento e le possibili conseguenze
A seguito della richiesta di Salvini, l’Anci ha consegnato martedì i dati attesi. Solo il 40,6% degli autovelox fissi risulta approvato dopo il 2017, mentre la percentuale scende al 32,8% per quelli mobili. Se il decreto ritirato fosse ripresentato in forma simile, la maggior parte degli apparecchi andrebbe disattivata in attesa della regolarizzazione.
In questo clima di incertezza, alcune associazioni dei consumatori, come Globoconsumatori, si dichiarano pronte a portare la questione fino alla Suprema Corte: per loro, tutti i dispositivi devono essere omologati, indipendentemente dalla data di approvazione.
«Auspichiamo che si possa arrivare quanto prima alla definizione del quadro normativo di riferimento — scrive Manfredi a Salvini — per dare risposta agli operatori di polizia stradale e agli utenti, tenuto conto delle esclusive finalità di sicurezza stradale».
Una riforma attesa da trent’anni
L’origine del problema risale al 1992, quando l’articolo 142 del Codice della strada stabilì l’obbligo di approvazione e omologazione per i rilevatori. Tuttavia, il decreto attuativo non fu mai emanato. Per anni si sono seguite circolari interpretative, ma nel 2024 la Cassazione ha fatto chiarezza: approvazione e omologazione sono procedure distinte.
«Alcuni Comuni hanno spento gli apparati, assumendosi una grande responsabilità», spiega Luigi Altamura, comandante della Polizia locale di Verona. «Di fronte allo stallo perdiamo tutti: serve chiarezza».
Nel frattempo, le colonnine arancioni coperte da sacchi neri sono il simbolo di un’attesa che dura da oltre trent’anni.