
“Se non andrò io, di sicuro andrà Giovanni XXIV”. Così Papa Francesco rispondeva, il 4 settembre 2023, a bordo del volo di ritorno dalla Mongolia, a una domanda sulla possibilità di un viaggio apostolico in Vietnam. Una frase che ha acceso interrogativi e suggestioni sul possibile nome del prossimo Pontefice, con il riferimento a “Giovanni XXIV” che ha fatto pensare a una previsione, o forse a un auspicio.
Sarà davvero Giovanni il nome scelto dal futuro Papa? Nessuno può saperlo prima del Conclave: si tratta infatti di una decisione personale, maturata dal nuovo Pontefice subito dopo l’elezione, nel momento in cui gli vengono rivolte due domande chiave: Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem? (Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?) e Quo nomine vis vocari? (Come vuoi essere chiamato?).
Se l’elezione viene accettata, il nuovo Vescovo di Roma si prepara a presentarsi al mondo con la formula solenne: “Habemus Papam”, pronunciata dal cardinale protodiacono dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro. È il momento in cui il nome scelto dal nuovo Pontefice viene annunciato e rimane impresso nella memoria collettiva come simbolo di un nuovo inizio per la Chiesa.
Un nuovo nome, una nuova identità
La scelta del nome pontificale rappresenta simbolicamente una “rinascita”. Non è solo un atto formale, ma l’assunzione di una nuova identità spirituale e pastorale. Il nome viene comunicato in latino, al genitivo, accusativo o talvolta al nominativo, e può includere un numero ordinale nel caso in cui il nome sia già stato usato. Se il futuro Pontefice scegliesse, ad esempio, di chiamarsi Francesco come l’attuale Papa, sarebbe Francesco II.
Nel corso della storia, i Pontefici hanno spesso scelto nomi di predecessori illustri, di Santi o Apostoli. La tradizione risale allo stesso San Pietro, primo Papa della Chiesa, al quale Gesù cambiò il nome da Simone a Pietro. Nessun Papa, tuttavia, ha mai scelto di chiamarsi Pietro II, probabilmente per rispetto del ruolo fondativo di Pietro.
Tradizione, spiritualità e affetti nella scelta del nome
Tra i nomi più ricorrenti nella storia della Chiesa ci sono Pio, Gregorio, Giovanni, Benedetto, Leone e Innocenzo, mentre non sono mai stati scelti nomi come Giuseppe, Giacomo, Andrea o Luca. Ogni nome porta con sé un significato. Giovanni XXIII scelse questo nome in memoria del padre e della parrocchia dove fu battezzato. Paolo VI lo fece in omaggio all’Apostolo missionario per eccellenza. Benedetto XVI si collegò idealmente al suo predecessore Benedetto XV e a San Benedetto da Norcia. Francesco, invece, fu una scelta inedita, ispirata alla figura del poverello di Assisi, “l’uomo della pace, della povertà, del creato”, come spiegò Papa Bergoglio.
A volte la scelta riflette anche un’intenzione affettiva o pastorale. Papa Giovanni Paolo I fu il primo a unire due nomi, in onore dei suoi due predecessori. Papa Wojtyła ne ereditò a sua volta entrambi, affermando che quella scelta aveva “una sua convincente eloquenza”.
Il nome del 267.mo Pontefice
Nel momento in cui la Chiesa si prepara a un nuovo Conclave, l’unica certezza è che il nome che verrà scelto dal prossimo Papa sarà carico di significato. Potrà essere nuovo, oppure richiamare un predecessore o un Santo, ma in ogni caso sarà una bussola simbolica per il pontificato che si apre.
Il Pontefice, come afferma la Lumen Gentium, è “il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli”. Anche attraverso il nome scelto, il nuovo Vescovo di Roma darà forma alla propria missione, tracciando una rotta per tutta la Chiesa, nel solco della tradizione ma aperto al futuro.