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Assolto il professore accusato di molestie da 7 studentesse: “Non ha usato le dita”

Pubblicato: 28/05/2025 17:05

Sette donne, tutte studentesse di Medicina, un’accusa grave e dettagliata: violenze sessuali, molestie verbali, un clima di oppressione e abusi reiterati all’interno dell’ospedale Ferrarotto di Catania, ex sede distaccata del Policlinico. Protagonista delle accuse, il professore Santo T., oggi 68 anni, al centro di un processo durato dieci anni. Il verdetto? Assolto, per mancanza di prove “oltre ogni ragionevole dubbio”, nonostante le motivazioni appena pubblicate parlino esplicitamente di “comportamento predatorio”.

Un caso emblematico, che ha sollevato polemiche e interrogativi nel mondo accademico, giudiziario e dell’opinione pubblica. Per i giudici, il comportamento dell’imputato era sì ossessivo e sessualmente orientato, ma non penalmente rilevante nei singoli episodi. In altre parole: il contesto non basta a configurare il reato, se i gesti — per quanto “anomali” o “inopportuni” — non rientrano nei parametri tecnici del 609-bis del codice penale italiano.

“Palmi sul seno? Non c’è stata pressione”

Nelle 96 pagine di motivazioni, emerge la difficoltà del collegio giudicante (due donne e un uomo) di incasellare giuridicamente comportamenti che definisce molesti, invasivi, sessualmente connotati, ma — secondo la loro lettura — non sufficientemente provati sul piano della volontà dolosa o della coercizione.

Esemplare il caso di Alessandra L., a cui il professore avrebbe “appoggiato i palmi al seno”. La corte osserva: “Non ci fu una pressione particolare, né una frase sessuale a corredo”. Quello che secondo la studentessa era un gesto violento e intenzionale, viene definito “un contatto anomalo, ma privo di carattere sessuale oggettivo”.

“Se non c’è dissenso, non c’è violenza”

In un passaggio cruciale, i giudici affermano che “senza dissenso, il fatto non sussiste”. Una logica che ha generato forte indignazione. Una delle studentesse ha spiegato in aula il proprio silenzio come effetto dello shock, dell’isolamento e della paura, ma ciò non ha convinto la corte. “Non è emersa la prova di una manifestazione, anche tacita, di dissenso”, si legge nel dispositivo.

Testimonianze “convergenti” ma non decisive

Ben nove studentesse hanno raccontato esperienze simili: convocazioni in ufficio, strofinamenti, frasi esplicite (“Vorrei entrarti dentro”, “Me lo fai venire duro”, “Vorrei bere dalla tua sorgente”). Episodi che il tribunale definisce “credibili” ma non sufficienti a superare il principio del “ragionevole dubbio”, anche quando si riconosce che “il professore sceglieva le studentesse come oggetto del suo desiderio sessuale”.

Il nodo della credibilità: Micol, la prima a parlare

La corte ha ritenuto non credibile la testimone chiave Micol M., da cui partì l’inchiesta nel 2021. Pur riconoscendo la verosimiglianza di alcuni episodi, i giudici hanno considerato contraddittorie le sue scelte: aver scelto l’imputato come relatore di tesi, la tardività della denuncia, la presenza di uno “schemino” per organizzare il racconto comune delle vittime. “Ha denunciato solo quando è stata emarginata dal posto di lavoro”, scrivono i magistrati, evidenziando un presunto conflitto d’interessi.

La difesa: “Atti volgari, non reati”

Secondo l’avvocato Salvatore Trombetta, difensore di Santo T., il tribunale ha fatto una “sintesi corretta”: “Il comportamento del mio assistito è stato volgare ed eticamente sbagliato, ma non penalmente rilevante”. Il professore, oggi in pensione, non potrà chiedere il reintegroun risarcimento dal Policlinico, che lo ha licenziato dopo un procedimento disciplinare.

Le reazioni: “Una sentenza allucinante”

Durissime le reazioni delle legali delle vittime. Mariella Giordano, avvocata di Micol: “Una sentenza allucinante, mai vista una cosa simile in 43 anni di professione”. Per Amilcare Impallari, avvocato di Alessandra e Giuseppina, “è gravissimo che la corte abbia voluto interpretare i gesti e non indicato reati alternativi. Il processo è durato dieci anni, con continui cambi di collegio e l’assenza del pm titolare nelle udienze decisive”.

Il paradosso: licenziato, ma assolto

Resta il dato di fatto: il professor Santo T. è stato licenziato per condotta incompatibile con l’incarico pubblico, ma assolto sul piano penale. Intanto, sette giovani donne hanno lasciato l’ospedale, mentre l’uomo oggi “frequenta una comunità cattolica per ritrovare la serenità perduta”.

La Procura sta valutando se presentare appello, ma i reati — dopo questo tempo — rischiano di essere tutti prescritti.

Una vicenda che solleva domande profonde su cosa significhi, oggi, provare una molestia sessuale in tribunale, su quanto peso abbia la parola delle donne e se, a certi livelli, esista ancora uno spazio impunito per il potere predatorio.

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Ultimo Aggiornamento: 28/05/2025 17:07

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