
Nell’editoriale pubblicato sul Corriere della Sera, il giornalista Paolo Mieli lancia un allarme che va ben oltre la cronaca del presente: secondo l’ex direttore del quotidiano, il doppio attacco sferrato prima da Israele e poi dagli Stati Uniti rappresenta una “aperta violazione della legalità internazionale” e proietta l’intero pianeta verso uno scenario inquietante: l’orlo di una guerra mondiale.
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Una presa di posizione netta, articolata con la consueta lucidità, che si muove sul crinale tra il dovere della denuncia e la necessità di mantenere viva una prospettiva di salvezza. Mieli, pur consapevole della gravità della situazione, invita infatti a non cedere al pessimismo assoluto. “Non dobbiamo perdere ogni speranza”, scrive, aprendo una finestra etica e culturale all’interno di un contesto politico carico di tensioni e incognite.

Speranza, anche nei momenti più oscuri
Il passaggio più denso dell’editoriale arriva quando Mieli cita Walter Benjamin, filosofo tedesco vissuto nel secolo delle catastrofi. Una figura che non può certo essere considerata ottimista, eppure proprio da lui arriva una delle riflessioni più emblematiche sul rapporto tra disperazione e resistenza: “Solo per chi non ha più speranza, ci è data la speranza”. Un paradosso apparente che diventa chiave di lettura dell’attualità.
In un mondo dove le regole sembrano saltare, dove anche i princìpi cardine della convivenza tra nazioni vengono messi in discussione, la speranza non è un lusso retorico ma una forma di impegno, una responsabilità. Per Mieli, la capacità di sperare si lega a un’esigenza storica ben precisa: quella di non abituarsi alla guerra, di non cedere alla logica dell’inevitabilità del conflitto.
“Mai più”
— Franco Maria Fontana (@francofontana43) June 23, 2025
Nel suo editoriale sul @corriere l’occidentalista Mieli ammette che “il doppio attacco – israeliano prima, americano poi – costituisce un’aperta violazione della legalità internazionale e conduce il mondo intero sull’orlo di una guerra mondiale”
Prosegue dicendo che,… pic.twitter.com/o6q0rKhia5
Il valore non negoziabile del “Mai più”
A conclusione del suo ragionamento, Paolo Mieli richiama con forza il valore assoluto del “Mai più”, pronunciato all’indomani della Seconda guerra mondiale. Non si tratta solo di una formula commemorativa, ma di un principio politico e morale da cui non si può derogare. Un vincolo etico che impone limiti all’uso della forza, al ricorso alla guerra preventiva, alla manipolazione del diritto internazionale per finalità strategiche.
Nel momento in cui gli equilibri globali si fanno più fragili e le grandi potenze si muovono in modo sempre più spregiudicato, secondo Mieli è proprio quel “Mai più” a dover tornare al centro del dibattito. È il filo che collega la memoria alle responsabilità del presente, e che dovrebbe orientare le decisioni della comunità internazionale.
Una riflessione che interpella la politica e l’opinione pubblica
L’editoriale di Paolo Mieli non si limita a un’analisi geopolitica. È un atto di responsabilità intellettuale che chiama in causa la coscienza collettiva, richiamando tanto i decisori politici quanto i cittadini a non rassegnarsi. In un tempo segnato da polarizzazioni, silenzi colpevoli e narrazioni semplificate, il messaggio è chiaro: la legalità internazionale non può essere piegata alle logiche della forza. E la speranza, anche quando appare vana, è l’unico presidio contro la disgregazione dell’umanità.