
Dal 1° gennaio 2027, l’età per la pensione di vecchiaia in Italia salirà a 67 anni e 3 mesi, come stabilito dalla legge Fornero e in linea con l’incremento della speranza di vita calcolato dall’Istat. L’aumento di tre mesi sarà automatico, ma l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni sta studiando un intervento mirato per tutelare alcune categorie di lavoratori, in particolare gli usuranti e i precoci. Una misura selettiva che, secondo la Ragioneria generale dello Stato, avrebbe un costo fino a 3 miliardi di euro annui una volta a regime.
L’adeguamento legato alla speranza di vita
L’aumento dell’età pensionabile è frutto del meccanismo automatico introdotto nel 2011 con la riforma Fornero. Ogni due anni, l’Istat aggiorna il dato sull’aspettativa di vita media dei 65enni: se la longevità cresce, cresce anche il requisito per la pensione. Dopo la sospensione temporanea dovuta alla pandemia, il nuovo aggiornamento ha certificato un incremento: la vita media a 65 anni è salita a 21,6 anni, il livello più alto dal 2019. Di conseguenza, dal 2027 non solo l’età pensionabile passerà a 67 anni e 3 mesi, ma anche i requisiti contributivi aumenteranno, fino a 43 anni e 1 mese per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne.

Possibili deroghe e ipotesi sul tavolo
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha escluso l’ipotesi di un blocco totale, spiegando che il governo intende introdurre “una modulazione selettiva”. Tre le opzioni allo studio: una deroga per chi avrà già compiuto 64 anni all’entrata in vigore della norma, un aumento graduale diluito nel tempo (un mese nel 2026, due nel 2027, tre nel 2028) oppure una sterilizzazione parziale riservata ai lavoratori usuranti e precoci.
Il vicepremier Matteo Salvini ha definito “inaccettabile” un aumento lineare che non tenga conto della “vita reale di chi lavora nei cantieri o nei turni notturni”. La premier Meloni, dal canto suo, avrebbe chiesto ai ministeri competenti una “soluzione di equilibrio tra conti e giustizia sociale”.
Costi e rischi di rinvio
Un blocco totale costerebbe circa 3 miliardi l’anno, cifra che il Tesoro considera insostenibile. Per questo il Mef valuta un compromesso dal costo di 400-500 milioni annui. La presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari, ha ricordato che “in un sistema contributivo, l’allungamento della vita lavorativa garantisce assegni più solidi e un equilibrio di lungo periodo”. Gli esperti, infine, avvertono che un rinvio potrebbe creare nel 2029 un nuovo “scalone pensionistico”, con un aumento improvviso e più pesante dei requisiti.


