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“Rischia grosso”. Italia nei guai per i fischi all’inno di Israele, cosa succede ora

Pubblicato: 15/10/2025 20:10
La nazionale italiana festeggia la vittoria contro Israele allo stadio di Udine

L’Italia del calcio aveva appena archiviato una doppia vittoria contro Israele, chiudendo le qualificazioni ai Mondiali con entusiasmo e fiducia. Il 3-0 di Udine sembrava il preludio perfetto ai playoff di marzo. Ma la serata di festa rischia di trasformarsi in un caso internazionale che potrebbe costare caro alla FIGC. Tra cori, bandiere e sorrisi, un episodio ha spento l’euforia: un gesto partito dagli spalti che ora è destinato ad arrivare fino al tavolo della FIFA, aprendo la strada a possibili sanzioni.

Fischi all’inno israeliano: lo stadio di Udine nel mirino

Pochi minuti prima del calcio d’inizio, al Bluenergy Stadium di Udine, le note dell’inno israeliano sono state coperte da una parte del pubblico con fischi sonori e persistenti. Un momento imbarazzante, ripreso da telecamere e microfoni, che ha creato disagio tra i presenti. Nonostante si sia trattato di un episodio circoscritto, per la FIFA – che da anni adotta una linea dura contro gesti discriminatori o offensivi – l’accaduto non può passare inosservato. Il rischio di una sanzione disciplinare per la federazione italiana è concreto.

Pubblico dello stadio di Udine durante l’inno israeliano

L’articolo 17 del regolamento FIFA e le possibili multe

Il regolamento parla chiaro. L’Articolo 17 del Codice Disciplinare FIFA stabilisce che ogni federazione è responsabile dell’ordine e della sicurezza prima, durante e dopo le partite, includendo anche il comportamento dei tifosi.

In particolare, il paragrafo 2, lettera “g”, considera inappropriato “causare disturbi durante l’esecuzione degli inni nazionali”. La sanzione minima prevista per una prima violazione è di 5.000 franchi svizzeri (circa 5.370 euro), ma può aumentare in base alla gravità e alla valutazione degli ispettori.

Giocatori dell’Italia e di Israele schierati per gli inni nazionali

Un clima politico già teso prima del match

L’atmosfera alla vigilia era già carica di tensione. Nei giorni precedenti, parte dell’opinione pubblica aveva invocato il boicottaggio della partita come forma di protesta contro le azioni militari di Israele nella Striscia di Gaza. Le immagini del conflitto avevano acceso il dibattito, trasformando il match in un evento dal forte peso simbolico. Alla fine, però, la FIGC non poteva rinunciare: non giocare avrebbe significato perdere a tavolino 3-0 e dire addio ai Mondiali. “Le ripercussioni sarebbero state devastanti”, aveva commentato Renzo Ulivieri, presidente dell’Associazione Allenatori.

I precedenti che fanno temere il peggio

Non sarebbe la prima volta che la FIFA interviene per episodi simili. Nel 2021 la Scozia fu multata di oltre 9.000 euro per i fischi all’inno israeliano all’Hampden Park, mentre nel 2019 la federazione di Hong Kong ricevette una multa superiore ai 16.000 euro per i fischi all’inno cinese. Alla luce di questi casi, anche l’Italia rischia una punizione analoga, specialmente se verrà confermato che i fischi provenivano da più settori dello stadio e non da pochi spettatori isolati.

Gli scontri in città e la difesa della FIGC

La vigilia della gara è stata segnata anche da scontri nel centro di Udine tra manifestanti pro-palestinesi e forze dell’ordine. Tuttavia, secondo gli osservatori FIFA, questi episodi non dovrebbero rientrare nella responsabilità diretta della federazione, poiché si sono svolti lontano dallo stadio. La FIGC ha già raccolto testimonianze e filmati per dimostrare di aver adottato tutte le misure preventive necessarie. Se riuscirà a provarlo, potrebbe evitare o ridurre la multa. Ma il caso resta aperto e la decisione finale arriverà da Zurigo.

Un colpo all’immagine dell’Italia calcistica

Al di là della multa, che non dovrebbe superare qualche migliaio di euro, la vera conseguenza sarebbe un danno d’immagine. Un richiamo ufficiale per mancanza di rispetto durante un inno nazionale rappresenterebbe una ferita per la reputazione della FIGC e degli Azzurri. Un episodio che ricorda come lo sport, anche quando si gioca tra quattro linee di campo, resti inevitabilmente legato ai riflessi del contesto politico e sociale globale.

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