
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che prenderebbe in considerazione la possibilità di autorizzare Israele a riprendere le operazioni militari a Gaza qualora Hamas non rispettasse la propria parte dell’accordo di pace.
In un’intervista concessa alla Cnn, Trump ha spiegato che la decisione dipenderà dall’evoluzione della situazione nei prossimi giorni: «Le forze israeliane potrebbero tornare in campo non appena lo dirò io. Quello che accadrà con Hamas lo sapremo rapidamente», ha affermato.
Le parole del presidente arrivano a poche ore dalla ratifica dell’intesa tra Israele e Hamas, parte della prima fase del piano di pace statunitense che prevede il rilascio immediato degli ostaggi e un cessate il fuoco a Gaza. Tuttavia, Trump ha voluto ribadire che la tregua non sarà incondizionata e che Washington si riserva di intervenire qualora il movimento islamista non rispetti gli impegni presi.
Katz: “Israele pensa a Piano B in cas di violazioni dell’accordo”
“Se Hamas si rifiuterà di attuare l’accordo, Israele, in coordinamento con gli Stati Uniti, tornerà a combattere e agirà per ottenere la completa sconfitta di Hamas, cambiare la realtà a Gaza e raggiungere tutti gli obiettivi della guerra”, ha fatto sapere l’ufficio di Katz in una direttiva. Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha incaricato l’esercito israeliano di elaborare un “piano completo” per sconfiggere completamente Hamas nella Striscia di Gaza qualora la tregua dovesse crollare.
La direttiva è stata emanata durante un incontro con alti vertici militari, tra cui il capo di Stato maggiore israeliano, Eyal Zamir.

Il contesto: il piano Trump da primo passo
- Il 29 settembre 2025, Donald Trump ha presentato un piano di pace in 20 punti per la Striscia di Gaza, con l’obiettivo di porre fine al conflitto. Ispi Online+3pt.wikipedia.org+3Council on Foreign Relations+3
- Il piano prevede in una prima fase: un cessate il fuoco, lo scambio completo degli ostaggi (vivi e deceduti), il ritiro delle forze israeliane secondo linee concordate e l’apertura dei confini per aiuti umanitari. The White House+4Times of Israel+4il manifesto+4
- Israel ha approvato formalmente il piano nel suo gabinetto, dando via libera all’entrata in vigore della tregua. Council on Foreign Relations+1
- Israele e Hamas hanno firmato l’accordo per la prima fase del cessate il fuoco il 9 ottobre 2025 a Sharm el-Sheikh, in Egitto. The White House+3Times of Israel+3il manifesto+3
- La tregua è entrata in vigore il 10 ottobre, insieme all’avvio del ritiro delle truppe israeliane. Ispi Online+4Times of Israel+4il manifesto+4
Cosa è accaduto nei giorni recenti: tensioni, critiche e rischi
1. Distribuzione degli ostaggi e delle salme
- Israele ha chiesto che tutti gli ostaggi — vivi e deceduti — siano restituiti da Hamas, in conformità con l’accordo. Reuters
- Ma finora, secondo il governo israeliano, Hamas ha restituito solo sette corpi su 28 riconosciuti come israeliani deceduti. Reuters+1
- Israele ha accusato Hamas di non rispettare completamente gli impegni e ha deciso di chiudere il valico di Rafah e limitare gli aiuti umanitari, in parte come misura di pressione. L’Unità+2The Guardian+2
- C’è stato anche un caso controverso: una salma restituita da Hamas è stata identificata come non riconducibile a un ostaggio israeliano, complicando ulteriormente il dialogo. New York Post
2. Minacce di smilitarizzazione “forzata” e condizione di Hamas
- Trump ha dichiarato che Hamas dovrà disarmarsi volontariamente, altrimenti gli Stati Uniti (o le forze intervenienti) provvederanno a disarmarlo “rapidamente e forse con violenza”. The Wall Street Journal+3The Guardian+3Reuters+3
- L’obiettivo dichiarato è che Gaza diventi una zona non militarizzata, condizione essenziale affinché Israele possa completare il ritiro. Ispi Online+2Council on Foreign Relations+2
3. Avvio della “fase 2” dei negoziati
- Già nei giorni successivi all’accordo, alcuni media hanno riportato che Israele e Hamas starebbero iniziando i dialoghi sulla fase 2 del piano, che include temi complessi come la governance della Striscia e la sicurezza postbellica. la Repubblica
- Israele, tuttavia, ha smentito che si sia già passati alla fase successiva, ribadendo che oggi è essenziale completare la prima fase prima di affrontare i passaggi futuri. la Repubblica
4. Autorità interne a Gaza e lotta per il controllo
- Con il ritiro delle forze israeliane, Hamas ha iniziato a rafforzare il suo controllo interno, reprimendo fazioni rivali e conducendo arresti o esecuzioni pubbliche nei confronti di gruppi armati autononomi. The Wall Street Journal
- Questo consolidamento del potere interno appare anche come una risposta al vuoto di sicurezza, mentre si cercano nuovi assetti istituzionali per governare la Striscia. The Wall Street Journal+2Ispi Online+2
5. Pressione internazionale e aiuti umanitari
- Organizzazioni internazionali e agenzie umanitarie hanno sollecitato Israele ad aprire ulteriori valichi di confine, oltre al solo Rafah, per far entrare aiuti vitali nel nord di Gaza, dove la situazione è critica. The Guardian
- Gli aiuti umanitari sono stati bloccati in parte come conseguenza della mancata restituzione completa delle salme da parte di Hamas, generando tensioni con l’accordo di tregua. The Guardian+1
Quali sono le sfide e i nodi aperti
- Smilitarizzazione di Hamas: è l’aspetto più delicato. Hamas dovrà rinunciare alle sue armi offensive, tunnellistica, infrastrutture militari. Ma è poco chiaro se lo farà in modo volontario oppure se sarà necessaria un’imposizione esterna. The Guardian+3Ispi Online+3Council on Foreign Relations+3
- Governance futura di Gaza: chi guiderà la Striscia e con quale legittimità? Il piano prevede tecnocrati palestinesi indipendenti con supervisione internazionale, ma la composizione di questo organo resta controversa. Council on Foreign Relations+2Ispi Online+2
- Controllo degli aiuti e ricostruzione: per evitare che gli aiuti finiscano nelle mani dei gruppi armati, serviranno sistemi di monitoraggio trasparenti e affidabili.
- Mantenimento del cessate il fuoco e rispetto integrale degli impegni: al minimo sgarro nell’osservanza dell’accordo, il rischio è che la tregua collassi, con ripresa dei bombardamenti. Reuters+3Ispi Online+3Ispi Online+3
- Pressione politica e diplomatica esterna: Stati arabi, Organizzazioni internazionali, Egitto, Qatar e Turchia continuano a svolgere un ruolo da mediatori, ma dovranno garantire che le parti rispettino i patti più che promuoverli. Council on Foreign Relations+3Ispi Online+3Ispi Online+3
Conclusione: da tregua a pace duratura — il cammino è insidioso
L’accordo siglato il 9 ottobre rappresenta un punto di svolta potenzialmente storico: per la prima volta in due anni, Israele e Hamas hanno compiuto un passo concreto, sancendo un cessate il fuoco e aprendo la strada ai negoziati di fase successive. Ispi Online+5AP News+5The Guardian+5
Tuttavia, come osservato da molti analisti, la tregua non è una pace: il successo dell’accordo dipenderà dalla capacità di Hamas di rispettare gli obblighi, della comunità internazionale di deterrenza credibile, dell’equilibrio politico dentro Gaza e dell’evoluzione diplomatica in Medio Oriente. Reuters+3Ispi Online+3Ispi Online+3
In queste ore, si assiste a uno spostamento verso i negoziati di fase 2, ma con cautela da parte israeliana che insiste sul completamento della prima fase prima di passare avanti. la Repubblica+1
Nei prossimi giorni saranno cruciali:
- la restituzione completa dei resti dei 28 ostaggi morti;
- l’apertura stabile dei corridoi umanitari e il regolare afflusso di beni essenziali;
- la definizione del modello di sicurezza e demilitarizzazione di Gaza;
- la costruzione di istituzioni politiche credibili nella Striscia senza che si ritorni a conflitti interni.
Se riuscirà a superare queste insidie, il piano potrà trasformarsi da tregua fragile a una pace stabile — ma ogni passo sarà difficile.