
La vittoria del centrosinistra alle elezioni regionali in Toscana ha rappresentato un importante segnale politico, ma l’euforia iniziale legata al “2 a 1” (una vittoria su tre sfide regionali) ha lasciato presto spazio a un’analisi più fredda e realistica dei numeri. A scrutinio completato, infatti, se da un lato la riconferma di Eugenio Giani è stata ampia e indiscutibile, dall’altro lato emerge un quadro più complesso: i rapporti di forza tra centrosinistra e centrodestra non sembrano essersi spostati in modo significativo rispetto al passato recente.
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I dati elaborati da YouTrend segnalano che, nel complesso delle tre regioni andate al voto in ottobre (Toscana, Marche e Calabria), per la prima volta dalle politiche del 2022, il centrodestra ha superato il centrosinistra in termini di voti assoluti. Un’inversione di tendenza che, pur non traducendosi in vittorie multiple, raffredda i toni trionfalistici emersi subito dopo l’esito toscano.
Secondo i dati, il centrosinistra nelle tre regioni totalizza 1,253 milioni di voti, mentre il centrodestra ne raccoglie 1,264 milioni. Alle Europee del 2024, la somma era stata rispettivamente di 1,534 contro 1,284 milioni. Un calo netto per entrambi, ma più marcato per le forze progressiste. Alle politiche del 2022, invece, la distanza era più ampia: 1,772 milioni per il centrosinistra contro 1,363 per il centrodestra.

Il distacco storico resta: la Toscana è meno contendibile di quanto sembri
Anche l’Istituto Cattaneo, con la sua consueta analisi dei flussi elettorali, conferma che la fotografia politica della Toscana non è poi così diversa da quella osservata nelle tornate precedenti. Il distacco strutturale di almeno sette punti percentuali tra i due schieramenti persiste, eccezion fatta per il 2019, quando l’avanzata della Lega e la tenuta del M5S avevano reso la regione apparentemente contendibile.
Tra il 2020 e il 2024, il centrodestra si è mantenuto attorno al 40%, in lieve crescita rispetto al decennio precedente, mentre il centrosinistra – nella sua forma allargata, comprendente riformisti, ambientalisti e grillini – ha oscillato stabilmente intorno al 55%. Una dinamica che, pur premiando Giani sul piano personale, non offre al Pd e agli altri partiti progressisti l’opportunità di rivendicare un vero cambio di fase.
Pd stabile, ma perde seggi. Il caso Firenze e il successo della lista Giani
Anche i risultati dei singoli partiti restituiscono una situazione sostanzialmente statica. Fratelli d’Italia ottiene percentuali in linea con le politiche del 2022 e le europee del 2024, mentre il Partito Democratico migliora di due punti rispetto all’ultima tornata europea, ma si mantiene sugli stessi livelli delle regionali 2020.
A Firenze, tuttavia, il Pd segna una battuta d’arresto: scende dal 30% delle comunali al 27,7%, registrando una delle peggiori performance in Toscana. La sindaca Sara Funaro ha già annunciato una “riflessione” politica interna con “decisioni conseguenti”.
Sul fronte opposto, spicca il successo della lista civica “Giani presidente, Casa Riformista”, che ottiene un significativo 8,8%, diventando la seconda forza della coalizione e la terza in assoluto. Un risultato che ha attirato l’attenzione anche a livello nazionale. Matteo Renzi l’ha definito “impressionante”, parlando di una possibile strada nazionale per un polo riformista e moderato all’interno del centrosinistra.
Un’idea condivisa anche da Peppe Provenzano, dirigente Pd di area opposta, che ha sottolineato come una gamba centrista sia ormai fondamentale per la tenuta della coalizione. Segno che la diagnosi avanzata anni fa da Goffredo Bettini – sulla necessità di un equilibrio tra radicalità e riformismo – trova oggi un consenso trasversale.

Una leadership personale che tiene unito il campo largo
A emergere con chiarezza è il ruolo centrale di Eugenio Giani. La sua vittoria non è solo il frutto di un lavoro amministrativo apprezzato, ma anche il risultato di una strategia elettorale pragmatica, moderata e di governo, molto diversa dall’approccio più movimentista e identitario che caratterizza parte dell’attuale Pd nazionale.
Giani ha saputo aggregare anime diverse, dando rappresentanza a tutte le componenti del campo largo, senza rinunciare a marcare la propria identità. Non ha rivendicato il risultato in chiave personale, ma ha ringraziato Elly Schlein, definendola “regista” della coalizione. Ha poi valorizzato ogni partito per il suo contributo tematico: M5S per l’acqua pubblica, Avs per il lavoro, i riformisti per le opere pubbliche.
Ha anche ricordato che la campagna è rimasta centrata sulla Toscana, evitando derive ideologiche o internazionali. Un’allusione chiara al mancato coinvolgimento di temi divisivi come la questione palestinese, che in altre città ha invece inciso sulle alleanze.
La nuova composizione del consiglio regionale
Il nuovo consiglio regionale riflette in parte questo equilibrio. Paradossalmente, nonostante il lieve aumento percentuale, il Pd perde otto seggi, passando da 22 a 14 consiglieri. Di questi, 8 sono di area Schlein e 7 di area riformista, a cui si aggiunge il presidente stesso. Casa Riformista ottiene 4 seggi, Avs 3 e il Movimento 5 Stelle solo 2.
La composizione rafforza il profilo centrista dell’alleanza e rende evidente che il baricentro politico si è leggermente spostato. Anche per questo Giani ha insistito sulla necessità di dare spazio a tutti gli attori della coalizione, riaffermando una leadership inclusiva e istituzionale.