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Gaza, Francesca Albanese: “La parola pace è accompagnata da una fragilità oncologica”

Pubblicato: 16/10/2025 10:17
Francesca Albanese polemica oncologica

Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori palestinesi occupati, è tornata al centro del dibattito politico e mediatico internazionale dopo le sue nuove dichiarazioni contro l’intesa tra Israele e Hamas, recentemente accolta con favore da parte degli Stati Uniti e salutata come “pace” anche da Donald Trump. Per Albanese, tuttavia, non si tratta affatto di un passo verso la distensione, bensì dell’ennesimo pericolo per la popolazione palestinese.
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«La chiamano pace, ma per i palestinesi rischia di trasformarsi in apartheid nella sua forma peggiore», ha scritto Albanese in un post su X. Un messaggio che si inserisce nel solco delle sue posizioni più controverse, spesso criticate tanto dalla politica italiana quanto da numerose organizzazioni. «Tutti gli occhi devono rimanere puntati sulla Palestina. Popoli del mondo, non distogliete lo sguardo ora. Come ci ricorda l’eredità di Nelson Mandela, nessuno è libero finché tutti non sono liberi».

Duro attacco anche ai media italiani

Nel corso di un’intervista a Radio Crc, Albanese ha spiegato ulteriormente la sua posizione, affermando che «la pace è necessaria per tutti, sia per i palestinesi che per gli israeliani», ma ha anche accusato i processi diplomatici di essere spesso fragili e strumentali: «Chi conosce la storia della Palestina sa che la parola “pace” è accompagnata da una fragilità oncologica dove il “cessate il fuoco” è marcato da continui fuochi su Gaza».

L’esponente Onu non ha risparmiato neppure attacchi diretti all’interno del panorama italiano. In particolare, ha rivolto parole durissime contro Incoronata Boccia, direttrice dell’ufficio stampa della Rai, accusandola di negazionismo sui crimini israeliani a Gaza. «Quali prove possiede la direttrice per negare i crimini israeliani a Gaza, contraddicendo l’enormità di prove raccolte da Onu, Amnesty International, Forensic Architecture e dozzine di altri esperti? La propaganda pro genocidio va indagata e punita», ha dichiarato.

Un’affermazione che ha generato forti reazioni nel mondo dell’informazione e della politica, venendo bollata come un tentativo intimidatorio nei confronti della stampa italiana.

La replica dell’Unirai: “Dichiarazioni gravi e toni inaccettabili”

Le parole della relatrice Onu hanno infatti provocato l’immediata risposta dell’Unirai, il sindacato dei giornalisti della tv di Stato. In una nota ufficiale, il sindacato ha parlato di «dichiarazioni pubbliche gravissime» e di «toni intimidatori» con cui Albanese avrebbe evocato punizioni e indagini contro una giornalista solo per aver espresso un’opinione critica.

«Un metodo inaccettabile, di sapore brigatista, che rievoca tempi bui e rappresenta un pericolo concreto per la libertà di stampa e per la sicurezza personale della collega», scrive l’Unirai, sottolineando l’esigenza di proteggere i giornalisti da pressioni indebite, anche quando provengono da figure istituzionali internazionali.

A Bologna la cittadinanza onoraria alla relatrice Onu

Mentre sul piano nazionale infuria la polemica, Bologna, città storicamente orientata a sinistra, si prepara a conferire la cittadinanza onoraria a Francesca Albanese. Una decisione rivendicata con forza dal vicesindaco Emily Clancy, che ha voluto sottolineare anche un altro aspetto della vicenda: «È probabile che l’attacco a Francesca Albanese sia molto più violento anche in quanto donna», ha dichiarato, leggendo in chiave di genere le critiche ricevute dalla relatrice.

Il dibattito, dunque, si sposta anche sul terreno della rappresentanza femminile, con la volontà, da parte dell’amministrazione bolognese, di difendere il diritto di Albanese a esprimere le proprie posizioni nel quadro del mandato ricevuto dalle Nazioni Unite.

Una figura sempre più divisiva nel contesto italiano

Quello di Francesca Albanese è un nome che divide: per alcuni, la relatrice Onu rappresenta una voce coraggiosa che denuncia ingiustizie storiche subite dal popolo palestinese; per altri, è una figura ideologicamente schierata, che rischia di minare i già fragili equilibri internazionali con posizioni radicali e dichiarazioni aggressive, come quelle rivolte alla stampa italiana.

In un contesto delicatissimo come quello del conflitto israelo-palestinese, la sua presenza continua ad alimentare forti tensioni tra chi la considera un punto di riferimento per i diritti umani e chi la accusa di faziosità e attacchi strumentali alle istituzioni occidentali.

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