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“Usare la fame come arma è un crimine gravissimo”: l’attacco di Papa Leone

Pubblicato: 16/10/2025 12:44

“Gli scenari dei conflitti attuali hanno fatto riemergere l’uso del cibo come arma di guerra”. Con queste parole, Papa Leone XIV ha aperto il suo intervento alla Fao, nella Giornata mondiale dell’alimentazione, pronunciando uno dei discorsi più forti e politici del suo pontificato. La voce del Pontefice ha attraversato la grande sala di Roma come una denuncia e insieme un appello: “La fame non può essere usata come strumento di potere. È un crimine che nega la dignità umana”.

La condanna del Papa

Davanti ai rappresentanti di oltre 190 Paesi, Leone XIV ha messo al centro il legame tra guerre, disuguaglianze e cibo, ricordando che “sembra allontanarsi sempre più quel consenso espresso dagli Stati che considera la fame deliberata un crimine di guerra”. Ha definito “crudele” la strategia di chi “condanna uomini, donne e bambini a morire di fame”, e ha invocato una risposta globale: “Non possiamo continuare così. Occorre porre rimedio a questo scandalo, mobilitando tutte le energie disponibili in uno spirito di solidarietà, affinché a nessuno manchi il cibo necessario, sia in quantità che in qualità”.

L’appello del Papa non è stato solo spirituale ma concreto. Ha chiesto impegni misurabili e politiche coerenti, ammonendo chi riduce l’impegno internazionale a “dichiarazioni solenni prive di conseguenze reali”.

“Fame Zero” e fallimento etico

Cinque anni prima della scadenza dell’Agenda 2030, Leone XIV ha ricordato che l’obiettivo “Fame Zero” resta lontano. Ha citato dati che non lasciano spazio a illusioni: 673 milioni di persone vanno a dormire senza mangiare, 2,3 miliardi non possono permettersi un’alimentazione adeguata. “Dietro questi numeri – ha detto – ci sono volti, storie, madri che non possono nutrire i propri figli. Non sono statistiche, sono vite spezzate”.

L’atmosfera in sala è cambiata mentre il Pontefice descriveva il dramma dei bambini malnutriti, simbolo di ciò che ha definito “un’economia senz’anima, un sistema di sviluppo ingiusto e insostenibile”. Le sue parole hanno toccato un nervo scoperto della politica globale: la fame non come conseguenza inevitabile della povertà, ma come prodotto diretto di scelte economiche e strategie di potere.

“Un fallimento collettivo”

“Permettere che milioni di esseri umani vivano e muoiano vittime della fame è un fallimento collettivo, un’aberrazione etica, una colpa storica”, ha scandito Leone XIV, mentre nella sala calava un silenzio assoluto. Ha ricordato che nel mondo “la scienza ha prolungato la speranza di vita, la tecnologia ha avvicinato continenti e la conoscenza ha aperto orizzonti un tempo inimmaginabili”, ma tutto questo progresso resta vano se non serve a salvare chi non ha da mangiare.

L’intervento arriva in un contesto segnato da nuove crisi alimentari, dai corridoi del grano bloccati in Ucraina alle carestie che colpiscono il Sahel e il Medio Oriente. Da mesi la Santa Sede segue con apprensione le conseguenze dei conflitti e degli embarghi sul cibo, considerandoli una forma indiretta di violenza contro i civili.

Restituire un’anima al mondo

Alla fine del discorso, Leone XIV ha pronunciato una frase destinata a restare: “Non basta nutrire il mondo, bisogna restituirgli l’anima”. Ha invitato governi e istituzioni a “superare l’indifferenza, la burocrazia e il calcolo economico” per ricostruire un’economia che “non sia solo produttiva ma anche solidale”.

L’applauso che ha accompagnato le sue ultime parole non è stato formale. Molti delegati si sono alzati in piedi, altri hanno parlato di un “nuovo punto di svolta morale” per la diplomazia internazionale. Il Papa, con passo lento, ha lasciato la sala salutando le delegazioni più colpite dalle emergenze alimentari. E la sua voce, ancora una volta, ha ricordato che la fame non è un destino naturale, ma una scelta politica. E che cancellarla significa restituire al mondo la sua umanità.

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