Nel momento in cui tutto sembrava scorrere secondo copione, il campo centrale di Parigi ha mostrato l’altra faccia della pressione. Jannik Sinner, protagonista assoluto del Masters 1000 francese, ha vissuto un inatteso momento di tensione durante il match dei quarti di finale contro Ben Shelton. Un frangente che racconta quanto ogni dettaglio, anche il più impercettibile, possa pesare quando sei tra i migliori al mondo.
La scena arriva nel secondo set: Sinner aveva appena ottenuto un break prezioso, ma l’americano gli restituisce immediatamente il colpo chiudendo un controbreak che spezza ritmo e certezze. È allora che l’azzurro si gira verso il suo box, cercando di coinvolgere lo staff in una fase delicata del match. Le telecamere catturano un confronto concitato: Sinner chiede più partecipazione, più calore, più spinta. Si percepisce chiaramente una frase: «Non vorrei mi rubasse il set», un monito che tradisce la tensione del momento.
A quel punto l’altoatesino prova lui stesso a trascinare il gruppo con un grido: «Alé!», gesto quasi istintivo per ricompattare l’energia. Ma non vede la risposta che si aspettava. Si gira di nuovo, sguardo teso, e con un movimento delle mani invita esplicitamente la sua squadra a farsi sentire. Solo allora dal box parte un timido: «Alé, Alé. Forza!», una voce che arriva quasi in ritardo rispetto all’urgenza emotiva espressa dal numero due del mondo.
Un episodio rapido, ma eloquente. Perché dice molto su Sinner: sul suo perfezionismo, sulla consapevolezza del momento storico, sul bisogno di sentire la propria squadra dentro l’onda emotiva del match. E dice molto anche sull’equilibrio sottile che regola l’élite del tennis: alle volte, una scintilla può cambiare il corso di un set. O di un torneo.
