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Investire nel calcio: rende comprare azioni delle società?

Pubblicato: 30/09/2020 15:21

Da quando gli sceicchi e i grossi fondi di investimento hanno messo le loro mani sul calcio – in particolare quello europeo – sui media si sente parlare sempre più delle cifre multimilionarie che questi grossi nomi della finanza movimentano per comprare giocatori, sponsorizzare squadre e campioni, coprire i buchi di bilancio delle società per rispettare l’ormai noto fair play finanziario. Ma se dovessimo fare il discorso al contrario? Cioè, perché non proviamo a parlare di chi prova a investire piccole somme nel calcio, proprio come se comprasse azioni di banche o tlc quotate?

Ovviamente, non siamo per qui per discutere di calcio-scommesse e fantacalcio, che pure muovono un ammontare abbastanza esoso di soldi. Parliamo degli investitori – soprattutto i piccoli, i retail – che comprano azioni delle squadre di calcio. In Italia, ad esempio, tra le quotate a Piazza Affari ci sono Juventus (da poco tornata sul Mid-Cap dopo un’esperienza sul Mib), AS Roma e SS Lazio, entrambe tra le small cap.

Rende comprare azioni delle società di calcio?

La risposta a questa domanda è complessa. Per spiegare se sia efficace o meno un investimento in una società di calcio, forse è meglio far parlare i numeri, come sempre i migliori indicatori in finanza se si vuole giudicare l’andamento del proprio esborso monetario. Se il giorno della quotazione della Juventus avessimo comprato 1.000 azioni al prezzo di collocamento di 3,70 euro per azione – quindi investendo 3.700 euro – , oggi avremmo perso circa 2.800 euro.

Investire in società di calcio
Investire in società di calcio (Fonte: shutterstock)

Comprando 1.000 azioni della Roma alla quotazione, con 5,5 euro di valore per titolo e un investimento totale di 5.500 euro, oggi saremmo sotto di 5.200 euro circa. Infine, rilevando 1.000 azioni della Lazio nel giorno del suo sbarco in Borsa, quando le azioni valevano 5.900 lire – circa 3,05 euro, per un investimento complessivo di 3.050 euro – oggi avremmo bruciato 1.800 euro circa.

E per le squadre estere?

L’IPO più grande di sempre di una squadra di calcio è stata quella del Manchester United. Un’azione dei Red Devils, nel giorno della quotazione, valeva 14 dollari americani, quindi rilevando 14.000 dollari di azioni, oggi avremmo in portafoglio 14.920 dollari.

Restando in Gran Bretagna, il Celtic quotava un’azione a 193 pence all’arrivo sul London Stock Exchange. Quindi, comprando mille azioni quel giorno per un totale di 1.930 sterline, oggi avremmo in tasca 1.060 pounds.
Infine, per concludere gli esempi, ci spostiamo in Olanda, dove 1.000 azioni dell’Ajax, che alla quotazione ci sarebbero costate 12.000 euro circa, oggi varrebbero più di 16.000 euro.

Quali altri modi esistono di investire sul calcio?

L’investimento nel pallone non è limitato solo all’acquisto di azioni quotate nelle varie piazze finanziarie mondiali. Ad esempio, un mercato assai in voga negli ultimi anni – che nel Regno Unito ha spopolato recentemente, con tanto di ads sulle metro e i bus di Londra – è quello delle azioni sui e dei calciatori. Non intere squadre, ma solo sui campioni e sulle loro prestazioni: credo che Neymar sia in grado di fare meglio dell’anno scorso, aumentando il suo valore? Allora investo in azioni del campione brasiliano, come se ne rivelassi un pezzo: se Neymar aumenta il suo valore e segna gol a grappoli, il valore delle mie azioni aumenta. Posso venderle subito, ottenendo un guadagno immediato.

Una delle società a offrire questo servizio è Football Index, che funziona come una qualunque piattaforma di trading solo che invece di oro, Brent, dollaro, euro o titoli azionari, si può scommettere direttamente sulle performance dei calciatori più blasonati.
“Football Index replica il mercato azionario tradizionale. Puoi piazzare scommesse per acquistare azioni di giocatori che ritieni possano ottenere buoni risultati in futuro e, si spera, il loro valore aumenterà e sarai in grado di vendere con profitto. Acquistare una quota significa scommettere sul futuro successo del giocatore” – spiega direttamente la trading platform britannica.

“Decidi di acquistare azioni: se nella sua prossima partita, segna o gioca bene, tu ottieni un dividendo: pagamenti giornalieri quando i giocatori si comportano bene in campo. La sua performance è scritta sulla stampa e vinci Media Dividends per i titoli positivi sul tuo protagonista”.
Fantacalcio? No, molto di più. Sembra tutto bello, se non fosse che il 74% di investitori su questa piattaforma si è fatto parecchio male, perdendo quasi tutto il capitale investito. Non è del tutto paragonabile alle scommesse fatte in salagiochi ma si rischia di perdere comunque un bel tesoretto.

Investire sui migliori: Messi e Ronaldo

Se si vuole andare sul sicuro, investendo su due “beni rifugio” calcistici come Leo Messi e Cristiano Ronaldo, c’è un’altra via: la piattaforma Gimme5 della sgr AcomeA di Alberto Foà ha presentato i risultati di una simulazione fatta su tutti i goal messi a segno dai due fenomeni dal 2005 a oggi, puntando 5 euro ogni volta che uno dei due Palloni d’Oro sia andato a segno. A luglio di quest’anno, quell’investimento avrebbe fruttato 3.530 euro se si fosse puntato su Ronaldo – che in questi anni ha messo a segno 706 goal in competizioni ufficiali – e 3.485 euro con Messi, che di reti ne ha segnate 697.

Messi e Ronaldo
Messi e Ronaldo (Fonte: shutterstock)

Come se la passa il calcio italiano?

Prima di effettuare un investimento, bisogna studiare il settore su cui si sta per puntare. Non ci sono gli sceicchi e l’unico fondo speculativo presente è Elliott, divenuto proprietario del Milan dopo il fallimento dell’avventura cinese dei rossoneri. Delle grandi famiglie che gestivano il calcio italiano – si pensi agli Agnelli, ai Berlusconi, ai Moratti, ai Sensi – resta in voga solo il nome dei numeri uno di Exor e FCA, mentre Berlusconi si è “ridimensionato” col Monza e Moratti è praticamente fuori dai giochi.

Pallone tricolore su prato
Pallone tricolore su campo dal calcio (Fonte: shutterstock)

La Juve ha fatto un ottimo investimento con lo stadio di proprietà, che ha garantito bei introiti pre-lockdown alla società torinese, ma ha pagato caro quello su CR7, che non ha finora portato la Champions League a Torino: non solo è l’obiettivo numero uno per i campioni d’Italia ma la vittoria della coppa dalle grandi orecchie darebbe anche una mano a risanare il bilancio. Insomma, non ci sono grossi investimenti in giro, non c’è più la marea di nomi importanti che una volta facevano della Serie A il campionato più difficile e pertanto bello al Mondo, e nemmeno le sponsorizzazioni e i diritti tv valgono quanto quelli esteri.

Poi, ci si è messa la pandemia – con relativo lockdown – a sconquassare ancora di più le giù deboli casse dei team del pallone tricolore. A lanciare il campanello d’allarme è stato uno che dentro il calcio ci lavora e lo rappresenta, ovvero Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega Serie A che, intervistato da “Radio anch’io sport”, storica trasmissione sportiva di Radio 1, ha detto:

“Siamo purtroppo destinati a rivedere le stime continuamente, ma finora il danno per la Serie A è superiore ai 500 milioni di euro. Una cifra monstre non solo per il nostro campionato, ma per tutto il calcio italiano perché siamo il motore di un’industria che dà lavoro a migliaia di persone e questo danno si ripercuote sulle serie minori, arrivando fino alla base. Prima della pandemia, in Italia, i costi dei giocatori erano equivalenti ai ricavi da diritti televisivi, circa il 65% dei ricavi. Mancando gli altri ricavi, oggi, il sistema è prossimo al rischio collasso: non vanno sottovalutate le richieste di aiuto che arrivano da più parti, dal presidente Gravina a tanti altri presidenti. Il calcio va protetto”.

Anche perché, quando si dice “il calcio va protetto”, non si deve scendere nel bieco e populista “ma perché pensare al calcio quando la gente non può lavorare?”. Nel calcio lavorano circa 9.000 persone tra i vari club professionistici, considerando l’intero indotto, oltre a quelli che le tv mandano negli stadi per seguire le partite – cameramen, telecronisti, registi etc… –.

Come sottolineato poco tempo fa dal numero uno della FIGC, Gabriele Gravina, con l’obiettivo di rappresentare il crescente valore creato da questo sport, “la FIGC ha avviato un programma di studio in condivisione con la UEFA, finalizzato alla realizzazione di un business case di valore scientifico. L’algoritmo elaborato, denominato “Social Return On Investment (SROI) Model”, ha analizzato il rilevante impatto socio-economico del calcio italiano dei quasi 1,1 milioni di calciatori e calcistici tesserati per la FIGC, che risulta pari nel 2017-2018 a circa 3,01 miliardi di euro.

I settori coinvolti sono quello economico per 742,1 milioni di contributo diretto all’economia nazionale, sociale per 1,05 miliardi di risparmio economico generato dai benefici prodotti dall’attività calcistica e sanitario per 1,22 miliardi in termini di risparmio della spesa sanitaria, insieme a quello delle performance sportive.

Questi numeri, di grande e crescente rilevanza, dal punto di vista della dimensione sportiva e dell’interesse generato, si traducono in importanti riflessi dal punto di vista economico; il fatturato diretto generato dal settore calcio è stimabile in 4,7 miliardi di euro; come a dire che circa il 12% del PIL del calcio mondiale viene prodotto nel nostro Paese. Numeri da capogiro.