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Tav, è crisi di governo: caos a Palazzo Chigi, Movimento verso la rottura

Pubblicato: 09/03/2019 14:03

Lo strappo si è consumato tra gli ex alleati di governo che, dopo giorni di tensione e minacce, sono arrivati a un pelo dalla rottura. La questione Tav pesa sugli equilibri della maggioranza, ideologicamente spaccata. Considerazioni politiche per cui alla fine si sarebbe trovato un compromesso, come annunciato da Il Sole 24 Ore. Secondo la testata è stata appoggiata la “soluzione Siri“, quindi via ai bandi con la possibilità di ricorrere alla clausola della dissolvenza. Poco dopo Palazzo Chigi fa sapere che i bandi non partiranno lunedì, e che si va verso un rinvio. Incertezza e caos all’interno della maggioranza. La scelta implicita di andare avanti con l’opera, se fosse confermata, sarebbe l’ennesima vittoria della Lega nel braccio di ferro e minaccerebbe di portare alla rottura il Movimento 5 Stelle.

La fine del governo o del Movimento 5 Stelle?

L’Italia ha bisogno di un governo, quindi non ci sarà nessuna crisi. Noi andiamo avanti, su alcune cose abbiamo idee diverse ma abbiamo trovato un compromesso. Dal nostro punto di vista l’importante è che si dia un segnale di partenza“, ha dichiarato Salvini a Sky Tg24. Il ministro dell’Interno esclude la crisi e sembra aver avuto la meglio su Di Maio in merito alla Tav. Diverso il parere di Stefano Buffagni, pentastellato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: “Non c’è da aprire la crisi, è già aperta“, ha dichiarato ieri.

Ma il leader pentastellato potrebbe aver salvato il governo e condannato il Movimento. Larga parte dei 5 Stelle non sono disposti a cedere sulla madre di tutte le battaglie, e se si arrivasse alla spaccatura, con minaccia di far mancare la maggioranza in Parlamento, il governo sarebbe comunque condannato. Arriva Palazzo Chigi a tamponare la situazione: “Si va verso il rinvio dei bandi. Non partiranno lunedì. Quanto riportato dal Sole 24 ore non è esatto“, è la telegrafica reazione.

La base contro un arrendevole Di Maio

Se dopo giorni di scontro Luigi Di Maio avesse infine ceduto sulla linea leghista in merito alla Tav, i suoi compagni di partito potrebbero non essere della stessa idea. Da Napoli il presidente della Camera Roberto Fico fa sentire la sua voce: la Tav è “una battaglia identitaria del M5s. Nel 2005 la prima riunione non del movimento perché non esisteva, ma dei meetup che nascevano fu fatta a Torino perché quel giorno c’era la grande manifestazione per dire no alla Tav. Eravamo un centinaio di persone, oggi alcuni non ci sono, c’era anche Beppe Grillo. Finì la riunione e andammo tutti alla manifestazione No Tav“.

Un ricordare le radici, messe in discussione da provvedimenti del governo che la base del Movimento non digerisce. E che ora potrebbero portare alla spaccatura. Paola Nugnes, ribelle del Movimento, lo ha reso chiaro all’Adnkronos: “È arrivato il momento, tardivo, di far valere il peso della nostra maggioranza. È la Lega a prendersi una responsabilità sul governo. Intanto cercherei altre e più opportune alleanze in Parlamento“.

La rottura sulla Tav

Simbolo della distanza siderale tra Lega e Movimento 5 Stelle, a livello storico e politico, la Tav ha definitivamente rotto gli equilibri di governo. La Torino-Lione è la madre di tutte le battaglie per i pentastellati che, dopo la discesa nei sondaggi anche a causa dei molti compromessi a favore dell’alleato di governo (primo tra tutti l’immunità a Salvini), non potevano cedere anche sull’alta velocità.

cantiere tav

Dopo i dubbi sull’analisi costi-benefici ordinata dalla parte di governo in quota pentastellata, che boccia il progetto, le tempistiche hanno subito una brusca accelerazione. Lunedì 11 marzo scade il termine per la Telt, l’azienda responsabile della realizzazione dell’opera, di pubblicare i bandi per 2,3 miliardi di euro, pena la perdita di 300 milioni di finanziamenti europei. Tempo di decidere dunque, dopo il lungo procrastinare: Salvini si è schierato per la continuazione dell’opera, soprattutto per non scontentare gli imprenditori del Nord, zoccolo duro dell’elettorato leghista. Di Maio e il premier Conte hanno invece ribadito il no all’opera, aprendo la crisi.

La soluzione Siri

Ad offrire uno spiraglio per guadagnare tempo è stato il sottosegretario ai trasporti Armando Siri. Il leghista avrebbe trovato l’escamotage: far uscire i bandi per permettere alle aziende italiane e francesi di candidarsi e non perdere i finanziamenti europei, per poi applicare una clausola di dissolvenza. “I bandi di Telt per la Tav si possono pubblicare con la clausola della dissolvenza prevista dal diritto francese: con quella clausola, nonostante la pubblicazione, possono essere revocati in qualsiasi momento” entro i 6 mesi, ha dichiarato il sottosegretario.

Una mossa che avrebbe permesso di guadagnare tempo e trattare con l’Europa, disposta ad alzare al 50% la sua parte di spese, e con la Francia. La proposta non è stata accolta, data la posizione dei pentastellati convinti dell’inutilità della Tav e anche per il clima ormai esacerbato tra i due ex alleati.

Luigi Di Maio tiene la posizione: scontro con Salvini

Luigi Di Maio non avrebbe colto la proposta, continuando sulla linea dura, soprattutto dopo la presa di posizione di Matteo Salvini. “L’Italia ha bisogno di più infrastrutture, più strade, più ferrovie. Dobbiamo andare avanti bisogna sbloccare, aprire, scavare“, ha dichiarato il ministro dell’Interno a Dritto e rovescio. Uno schiaffo in faccia agli alleati di governo: “Vediamo chi ha la testa più dura, io sono cocciuto e sono pronto ad andare fino in fondo“, ha replicato Di Maio, che accusa il leghista di non tenere fede agli impegni presi con il contratto di governo e di aver legato la sopravvivenza del governo alla questione Tav.

Abbiamo solo chiesto la sospensione dei bandi per un’opera vecchia di 20 anni, lo abbiamo chiesto perché previsto dal contratto. E cosa fa Salvini? Oltre a forzare una violazione del contratto minaccia pure di far cadere il governo? Se ne assuma le responsabilità di fronte a milioni di italiani. Io questo lo considero un comportamento irresponsabile, proprio mentre siamo in chiusura su due misure fondamentali come reddito e quota 100“, ha dichiarato in conferenza stampa il leader del Movimento 5 Stelle.

Di Maio: “Dobbiamo sederci al tavolo”, ma Salvini va a Milano

Salvini ha dichiarato a ridosso del week end di non essere disposto a partecipare ad un altro Consiglio dei Ministri per risolvere la situazione, dopo il nulla di fatto della riunione di giovedì sera. Il vicepriemer ha sbattuto la porta in faccia a Di Maio, che a quel punto ha dichiarato: “Non mi si può dire che ci rivediamo lunedì, questo è un fine settimana di lavoro per portare a casa gli obiettivi del governo“.

Luigi Di Maio: "Minacciare di far cadere il governo come dice il ministro Salvini è da irresponsabili". Fonte: Facebook
Luigi Di Maio: “Minacciare di far cadere il governo come dice il ministro Salvini è da irresponsabili”. Fonte: Facebook

A pesare per la decisione di aprire la crisi anche la posizione del premier Giuseppe Conte, schieratosi contro l’opera: “Io stesso ho manifesto al tavolo, non muovendo da nessun pregiudizio ideologico o fattore emotivo, ho espresso forti forti dubbi e perplessità sulla convenienza della Tav e lo ribadisco. Non sono affatto convinto che questo sia un progetto infrastrutturale di cui l’Italia ha bisogno“. Il premier da garante tra le due parti si è spostato verso la linea Di Maio, infastidendo la Lega.

Quali sono gli scenari adesso

Il futuro adesso è quantomai incerto. Se il Movimento arrivasse ad una rottura e i parlamentari stellati facessero mancare la maggioranza, potrebbe essere la fine del governo dopo 9 mesi. Voci riportano che il Quirinale, a cui passerebbe la palla, potrebbe decidere per lo scioglimento delle Camere e di andare a votare per le politiche il 26 maggio, giorno delle elezioni europee. Un “election day” che sembra non spaventare Salvini, pronto a capitalizzare la crescita nei sondaggi degli ultimi mesi. Una prospettiva che gli permetterebbe di smarcarsi dal centro-destra berlusconiano e che non lascerebbe alle opposizioni il tempo per organizzarsi per la campagna elettorale. Sarebbe probabilmente anche la fine di Luigi Di Maio, ormai appiattito sul leader leghista e inviso allo zoccolo duro del Movimento. Più remota l’opzione governo tecnico, che difficilmente troverebbe l’appoggio necessario in Parlamento.

Sergio Mattarella. Fonte: Twitter/Quirinale
Sergio Mattarella. Fonte: Twitter/Quirinale
Ultimo Aggiornamento: 09/03/2019 14:26