Inizia a delinearsi un profilo psicologico dell’assassino di Stefano Leo. Said Machaouat, nato a Casablanca, in Marocco, e arrivato in Italia da piccolo, è una persona violenta. Lo testimonia il fatto che è già stato condannato in primo grado per il reato di maltrattamenti e lesioni aggravate nei confronti della compagna. Non solo. Anche la sua ex datrice di lavoro ha confermato che, da un paio di anni a questa parte, Said aveva atteggiamenti aggressivi, per i quali era stato denunciato.
La violenza nei confronti della compagna
Said Machaouat, interrogato dalla polizia, ha ammesso di aver ucciso Stefano perché disperato dopo essere stato allontanato dalla sua famiglia e dalla sua casa.
Ciò che sta alla base dell’allontanamento, però, è quel suo carattere violento. Per tre anni, lui e la sua compagna hanno vissuto a Torino, concependo anche un figlio. La loro era una storia fatta di liti, di maltrattamenti, che hanno portato la donna a denunciarlo. I vicini spesso chiamavano le forze dell’ordine per le troppe urla. Sono andate avanti per anni le violenze, gli scatti d’ira di Said, fino a quando la compagna non ha capito che la sua vita e quella del suo bambino erano seriamente in pericolo.
Così, nel 2014, l’ha denunciato e si sono lasciati. A Machaouat è stato imposto il divieto di avvicinamento, successivamente è stato condannato a un anno e sei mesi di carcere per il reato di maltrattamenti e lesioni aggravate.

La testimonianza dell’ex datrice di lavoro di Said
Anche dal racconto dell’ex datrice di lavoro di Said, intervistata da Chi l’ha visto?
, emerge un’inclinazione alla violenza, un carattere instabile. La donna ha detto che sia lei sia gli collaboratori l’avevano più volte denunciato, l’ultima pochi giorni prima dell’omicidio di Leo. “Ho vissuto nel terrore di Said perché, come ho detto più volte alle forze dell’ordine, da due anni e mezzo a questa parte, ha iniziato ad avere atteggiamenti aggressivi e minacciosi. Sia nei miei confronti che in quelli dei colleghi. Abbiamo fatto parecchie denunce sia alla polizia sia in procura.
L’ultima poco prima del delitto“, sono le parole dell’ex datrice.

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Motivazioni che non convincono
La confessione dell’omicidio, per i carabinieri di Torino, sembra essere attendibile. Invece, per quanto riguarda il movente, né l’ipotesi che l’abbia ucciso perché “si presentava felice“, né quella di aver perso moglie e figlio, convincono. E, intanto, Said, dopo la confessione choc sull’omicidio, si è chiuso nel suo silenzio. Durante l’interrogatorio di garanzia, che si è tenuto il 2 aprile, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
I genitori del ragazzo, dal canto loro, non si danno pace e vorrebbero sapere la verità. Mentre Basilio Foti, il legale di Machaouat, è convinto che il suo assistito non sarebbe l’assassino. Il programma La Vita in Diretta, in onda su Rai1, ha riportato che l’avvocato nei prossimi giorni potrebbe chiedere una perizia psichiatrica da eseguire nei confronti del proprio cliente.