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Cucchi, parla il pm Musarò: “Non bisogna avere paura della verità”

Pubblicato: 20/09/2019 17:40

Oggi sul palco della giustizia ha parlato il Pm Giovanni Musarò, l’uomo che dal 2015 è al fianco della famiglia Cucchi nella battaglia della verità.

La requisitoria di oggi è stata forte: la vicenda è stata ricostruita, dalla caduta che uccise Stefano fino alla testimonianza di Francesco Tedesco, al contempo imputato e testimone.

Una caduta non accidentale

Presto, se tutto va bene, saranno raggiunti da una sentenza i 5 imputati e il processo Cucchi bis vedrà una fine (e, forse, la famiglia Cucchi vedrà un epilogo giusto della vicenda).

Musarò parte parlando della caduta avvenuta in caserma, attribuendo ad essa la responsabilità maggiore: “Non fu uno schiaffo, ma un pestaggio degno di teppisti da stadio contro una persona fragile e sottopeso. Di questo stiamo parlando, non di altro”. Non fu una caduta dovuta a una distrazione, e non fu una caduta accidentale. Stefano Cucchi fu fatto cadere. Anche il calo ponderale, dice Musarò, è collegato alla caduta: “Questo notevole calo ponderale è riconducibile al trauma dovuto al violento pestaggio, non certo a una caduta come si disse all’epoca”.

I processi precedenti e la “seconda storia”

Musarò prosegue poi scagliandosi contro la “seconda storia”, quella creata dopo la morte che vedeva le accuse dirottate verso gli agenti della polizia penitenziaria: “Ci sono stati altri processi con imputati diversi, per il pestaggio furono accusati prima tre agenti della penitenziaria e poi i medici dell’ospedale Pertini (…) non bisogna avere paura della verità anche quando è scomoda“.

Non ci sono toni accomodanti verso Raffaele D’Alessandro, responsabile di aver detto “troppo” in qualche occasione, parlando di cadute durante la fase del fotosegnalamento, di cui però non c’è traccia, e delle versioni illogiche proposte per giustificare le cadute.

Poi, ricorda la testimonianza di Luigi Lainà, ex detenuto e compagno di cella nel centro clinico di Regina Coeli:Cucchi lascia una sorta di testamento a Lainà dicendogli che a picchiarlo sono stati due carabinieri in borghese della prima stazione da cui è passato”.

Una partita truccata

Il primo processo? Una “partita truccata”, la definisce Musarò: Non bisogna avere paura della verità anche quando è scomoda. Non possiamo fare finta di non capire che il primo processo, con imputati i medici dell’ospedale Sandro Pertini e, per il pestaggio, i tre agenti penitenziari poi assolti, è stato frutto di un depistaggio messo in atto perché si stava giocando un’altra partita, truccata all’insaputa di tutti”.

Soddisfazione sui social da parte di Ilaria Cucchi, che scrive: “Oggi comunque vada, mentre sto ascoltando il PM Musaró sto facendo pace con quest’aula. Sono commossa. È presente anche il Procuratore ff. Prestipino. Il mio pensiero va al Procuratore Pignatone. Lo Stato è con noi“.

Ultimo Aggiornamento: 20/09/2019 17:43