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Rigopiano tre anni dopo: tra dolore, ricordi e domande senza risposta

Pubblicato: 18/01/2020 16:12

Farindola, mercoledì 18 gennaio 2017, erano le ore 17 quando a seguito di una terza scossa tellurica, una valanga da 120mila tonnellate si staccava dalla montagna per scendere a valle a una velocità di 120 km/h, sradicando alberi, rocce e perfino un hotel; il Rigopiano spostandolo di 10 metri più avanti. 
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29 persone persero la vita mentre 11 sopravvissero, ma ancora oggi portano con loro i segni di quei drammatici giorni. Sì, giorni, perché le operazioni di soccorso non arrivarono in tempo e le cause sono state molteplici. Neve, incredulità… ci sono voluti circa 10 giorni per mettere fine al recupero di superstiti e non. Da allora, oltre al dolore del lutto, i parenti delle vittime e i sopravvissuti chiedono verità e giustizia. Oggi la terza commemorazione sul luogo del disastro.

L’allerta neve, le scosse e la valanga

L’inverno 2017 è stato uno dei più freddi per tutta la Penisola. Soprattutto la zona abruzzese è stata teatro di una forte ondata di freddo e gelo che hanno portato copiose nevicate a partire dai primi giorni dell’anno. Quella che si era presentata come un’ottima annata per il turismo si è però rivelata un incubo che ancora oggi tormenta superstiti e parenti delle vittime. 

La situazione si era fatta critica i giorni prima del disastro, tutta la zona di Farindola era stata sommersa da una quantità di neve che ha sfiorato il metro e mezzo. Diversi centri abitati si sono ritrovati isolati, la maggior parte delle strade sommerse e bloccate, blocchi alla rete elettrica… La neve aveva anche allertato i sensori Meteomont che tra il 17 e il 18 gennaio avevano lanciato un’allerta valang

di livello 4 (il massimo è 5). Le premesse non erano delle migliori e, a peggiorare la situazione, sono arrivate le scosse di terremoto. 

Le scosse di terremoto

In totale se ne sono contate tre, la prima, alle 10.25, di magnitudo 5, e le altre due a distanza di poco 10,25 e 11.14, arrivate in concomitanza ad un’altra nevicata che ha bloccato l’unica via di accesso all’hotel. Nonostante le richieste di intervento sulla strada, spinte anche dall’esigenza degli ospiti a lasciare la struttura proprio a causa del peggioramento delle condizioni climatiche e ambientali, nessun spazzaneve viene attivato

Alle 14.33 arriva una nuova scossa di magnitudo 5.1, accompagnata da uno sciame più piccolo terminato con l’ultimo movimento tellurico registrato alle 16.48. Ormai gli ospiti dell’hotel Rigopiano, spaventati, sono pronti a lasciare la struttura e sono tutti in attesa nella hall dell’albergo in attesa. Quello che sembrava un luogo sicuro in cui aspettare si è poi rivelata una trappola mortale. 

La valanga travolge l’hotel

Le scosse di terremoto e la neve fresca hanno portato ad una conseguenza tanto prevedibile quanto impossibile da impedire, intorno alle 17 circa una gigantesca massa di neve si staccava dalle pendici sovrastanti il massiccio orientale del Gran Sasso. Partendo da un punto tra il Vado di Siella e il Monte Siella, la neve si è incanalata nella Grava di Valle Bruciata, travolgendo tutto quello che ha trovato sulla sua strada arrivando fino all’Hotel. La neve sfonda le pareti e riesce a sollevare la struttura spostandola di 10 metri più a valle.

Alla scena ha assistito impotenti Giampiero Parete, ospite che in quel momento si trovava nei pressi del parcheggio per recuperare delle cose nella sua auto. All’interno dell’hotel c’erano ad aspettarlo la moglie e i figli. È stato lui uno dei primi a dare l’allarme: “È caduto, è caduto l’albergo!” Parole che non vengono credute. Altra persona scampata alla slavina è Fabio Salzetta, operaio manutentore che si trovava nel vano caldaie; anche lui ha dato l’allarme. Sono circa le 17.40 ma la macchina dei soccorsi di attiverà solo due ore dopo, circa intorno alle 19.30, quando ormai è buio pesto e la condizione delle strade è ulteriormente peggiorata. 

40 persone intrappolate

All’interno dell’hotel c’erano 40 persone, tra le quali si contano 28 ospiti (24 adulti e 4 bambini) e 12 membri dello staff. I soccorsi iniziano le operazioni di recupero intorno alle 4 del mattino, quando viene recuperata una prima vittima. Alle 12 del giorno dopo i soccorritori, un team composto da Vigili del Fuoco, Guardia di Finanza, Soccorso Nazionale Alpino e Speleologico, volontari della protezione civile… raggiungono quello che resta dell’hotel e, uno a uno, iniziano a recuperare superstiti e, purtroppo vittime. Ore, che diventeranno giorni (quasi 10), fatto di lavoro instancabile da parte dei soccorritori, di speranza e di lacrime di gioia e di lutto.

Il 26 gennaio si decreta la fine delle operazioni di recupero, il bilancio è terribile. Si contano 29 morti e 11 superstiti, ma quello che più spezza il cuore di chi è rimasto è che tutte e 40 avrebbero potuto salvarsi.

Il depistaggio sulle telefonate

Una nuova inchiesta, nella quale il ministero della Giustizia si farà parte civile in caso di processo, è stata avviata lo scorso dicembre. L’annuncio a seguito dell’archiviazione per le 22 persone indagate. Ora, nel mirino degli inquirenti ci sono 3 carabinieri e l’accusa è quella di depistaggio. Pare infatti che ci sia stata un telefonata che abbia preceduto quella di Parete. Si tratta di una chiamata di segnalazione fatta dal cameriere Gabriele D’Angelo, il quale aveva segnalato la pericolosità della situazione, telefonata ignorata e, successivamente, pare, fatta sparire. Risultano incongruenze tra le acquisizioni dei tabulati e i tempi d’indagine. 

Il giorno del dolore, delle lacrime e del ricordo

Oggi ricorre il terzo anniversario di quel drammatico giorno. Come ogni anno parenti delle vittime e superstiti si sono radunati presso ciò che resta della struttura e il totem creato a ricordo di coloro che non ci sono più. Tutti i presenti si sono recati lì con un fiore. “Ogni giorno vengo qua, io sto a Farindola” racconta un papà che ha perso la figlia a Skytg24. “Per me è sempre lo stesso giorno, non cambia niente” racconta un altro “Sappiamo che potevano essere salvati e non l’hanno fatto”. Sono tutti appena usciti dalla messa, “Abbiamo ancora quel dolore forte dei primi giorni ma anche tanta rabbia” racconta il Presidente del comitato delle vittime Rigopiano, in attesa del Fiore. “Vogliamo che si accerti la verità su questo (in riferimento al depistaggio). L’importante è la verità. È l’amore per i nostri cari che deve guidarci verso la verità”.