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L’Australia brucia ancora: Canberra circondata dal fuoco

Pubblicato: 02/02/2020 12:18

Le fiamme continuano a tormentare l’Australia. La furia del fuoco, da mesi, non si placa. Nella capitale Canberra è stato dichiarato lo stato d’emergenza, e le autorità hanno evacuato parte dei residenti. Ma non per tutti c’è stato il tempo, così agli altri hanno consigliato di restare in casa finché la situazione non migliora. E le previsioni, soprattutto nelle zone più colpite come Victoria e Nuovo Galles del Sud, non promettono niente di buono per i prossimi giorni. Secondo il commissario dell’agenzia per i servizi d’emergenza “le condizioni diventeranno potenzialmente più pericolose”.

I dati della catastrofe ambientale

I dati della catastrofe australiana fanno impallidire: oltre 2000 case distrutte, oltre un miliardo di animali morti, 33 vittime umane, 11 milioni di ettari in fumo e una quantità inverosimile di Co2 rilasciata nell’aria. Sarebbero infatti quasi 400 milioni di tonnellate di Co2, più di quante ne emetta l’Italia in un anno intero. E la terra continua a bruciare: sono circa 80 gli incendi ancora attivi, su una superficie di oltre 350 km. Le previsioni meteorologiche non fanno ben sperare: è piena estate in Australia, e solitamente febbraio è il mese più caldo. Le temperature oltre i 40 gradi e i venti afosi infatti alimentano i roghi.

“Questi incendi ci hanno cambiati”

“Questi incendi ci hanno cambiati”, ha dichiarato al quotidiano britannico Guardian lo scrittore Thomas Keneally. Intanto, mentre le fiamme continuano ad imperversare nello stato australiano, non si placano nemmeno le polemiche contro il Primo Ministro Scott Morrison. La gestione della crisi da parte del suo governo e il malcelato negazionismo climatico dell’esecutivo non son piaciuti alla popolazione australiana. Da questo disastro, la gente spera di risollevarsi, ma anche di cambiare l’economia del Paese e abbandonare la dipendenza dal carbone. “Se solo lo volesse, l’Australia potrebbe essere una leader nel mondo post-carboni fossili”, ha concluso lo scrittore Thomas Keneally.