In Australia c’è l’Inferno. Da 4 mesi le fiamme stanno divorando tutto. 24 persone sono morte dall’inizio degli incendi ad agosto, di cui 14 solo nel 2020. Il bilancio sulla fauna è catastrofico: 500 milioni di animali hanno perso la vita. Oltre 5 milioni di ettari sono andati in fumo. Le emissioni di CO2 generate dagli incendi hanno ampiamente superato la metà della media annuale prodotta dal Paese. Centinaia di migliaia gli evacuati, più di 1200 case completamente rase al suolo dalle fiamme. Le temperature toccano livelli record intorno ai 49 gradi centigradi. Il cielo varia dal nero al rosso sangue, e piove cenere. Ma per il Primo Ministro Scott Morrison si tratta di una crisi di ordinaria amministrazione. E il popolo australiano, a partire dai volontari che rischiano la propria vita per affrontare l’emergenza, lo contesta aspramente.
(La foto in evidenza è stata scattata il 1 gennaio 2020 all’interno dello Zoo di Mogo – Nuovo Galles del Sud, devastato dagli incendi)
La protesta contro il Primo Ministro Morrison
Il Primo Ministro Scott Morrison e il suo governo sono infatti fortemente criticati per la scarsa gestione dell’emergenza e non solo. Le proteste riguardano anche le passate dichiarazioni del governo contro i “deliranti lunatici del cambiamento climatico” e il ritardo di 18 mesi circa l’aumento dei fondi destinati alla prevenzione e alle emergenze. Per non parlare della pioggia di critiche quando a metà dicembre è andato in vacanza alle Hawaii con la famiglia, mentre il resto del Paese affrontava la crisi e due pompieri morivano in sua assenza. Sabato 4 gennaio il governo ha annunciato l’invio di 3000 riservisti dell’esercito per combattere gli incendi. Ma gli sforzi sono considerati insufficienti, anche perché Morrison continua a rifiutarsi di affrontare il problema alla base.
L’Australia, il carbone e il negazionismo del governo
I primi di gennaio, ricorda il Guardian, ha ribadito di non aver intenzione di cambiare la sua politica sulle emissioni. Che ci sia di mezzo la potente lobby del carbone? Fra le principali fonti di emissioni di CO2, il carbone è tuttavia la seconda maggior esportazione dell’Australia. Ed è utilizzato per generare quasi due terzi dell’elettricità. Perciò per Morrison sarebbe “imprudente” ridurre le emissioni. Se l’è poi presa con i suoi avversari, affermando che collegare i cambiamenti climatici agli incendi in Australia sia solo un modo per cercare consenso elettorale. Ma gli australiani si stanno ribellando al suo pericoloso negazionismo. Durante le visite in alcune delle zone colpite dagli incendi, Morrison è stato apertamente contestato dai vigili del fuoco e dagli sfollati. Molti si son rifiutati di stringergli la mano. Altri gli hanno gridato di andarsene, perché “non è il benvenuto. Non prenderà alcun voto da queste parti”.
Gosh this is so awkward. Australian PM Scott Morrison goes to try and shake the hand of a firefighter who does not appear keen. (The PM was abused earlier by angry locals) Filmed by @GregNelsonACS @abcnews #AustraliaBurning #NSWbushfires #SouthCoastFires pic.twitter.com/3zjeJp3jWe
— Sophie McNeill (@Sophiemcneill) 2 gennaio 2020
Uno scenario apocalittico
Gli stati più colpiti dalla crisi sono anche i più popolosi: il Nuovo Galles del Sud (dove si trova Sidney) e Victoria (dove si trova Melbourne). A Canberra, nella capitale, si son toccati per la prima volta i 44 gradi centigradi negli ultimi giorni. Nel sud-est del Paese è stato dichiarato lo stato di emergenza. Il 19 dicembre si è registrato il giorno più caldo della storia australiana: la media del Paese ha raggiunto i 41,9°. Le cause del disastro sono le temperature calde da record degli ultimi mesi, unite ad un’estrema siccità senza precedenti aggravata da forti venti. In alcuni casi, raccontano dei testimoni alle fonti locali, si son formati dei muri di fiamme e dei tornado di fuoco. La popolazione australiana ha definito lo scenario che sta vivendo in queste settimane “apocalittico”.
Ecatombe animale
A pagarne le spese, oltre a 24 vittime umane e centinaia di migliaia di sfollati, sono però soprattutto gli animali. Mezzo miliardo di esemplari è morto: o divorato dalle fiamme, o per le esalazioni di fumo o per le conseguenze della devastazione in corso. 500 milioni di animali morti, in soli 4 mesi. Alcune specie, in primis il koala, sono sull’orlo dell’estinzione. Il 30% del loro habitat naturale è andato in fumo. 8.000 koala, un terzo della popolazione totale, è andato perduto a causa di questo terribile inferno di fiamme. Ma la morte infuocata ha colpito ogni specie: canguri, uccelli, rettili, anfibi, pesci, felini, primati, insetti. Su internet ci sono decine di strazianti fotografie e video di animali sofferenti e carcasse carbonizzate sul ciglio delle strade.
Celebrità in campo per dare una mano
Sono però tante anche le celebrità che hanno deciso di fare grosse donazioni in denaro e appelli online ai loro followers per venire in aiuto al popolo australiano. La cantante Pink e l’attrice Nicole Kidman hanno donato 500mila dollari a testa. Hugh Jackman, Ellen DeGeneres, Naomi Watts, Kylie Minogue hanno anche loro dato un contributo, espresso solidarietà e invocato aiuti. Greta Thunberg si è unita al coro di proteste contro l’operato del governo australiano e il suo sottovalutare l’emergenza climatica. Perfino la Regina Elisabetta si è espressa al riguardo di questa catastrofe ambientale. In Italia, Alessandro Gassman ha scritto su Twitter: “è un’ecatombe ecologica senza precedenti. È arrivato il momento di farci sentire dai governi. Facciamolo per i nostri figli”.
La distruzione del “bush” australiano è una ecatombe ecologica senza precedenti.È arrivato il momento di farci sentire dai governi,con forza! Le parole devono ORA essere sostituite da fatti concreti e tangibili!! Il pianeta è in crisi.Facciamolo per i nostri figli.#ClimateCrisis pic.twitter.com/PrFJmqVigw
— Alessandro Gassmann ? (@GassmanGassmann) 4 gennaio 2020
Il tempo di agire è ora
Sebbene l’Australia sia normalmente calda e arida in estate, i cambiamenti climatici hanno esasperato la situazione, portando a queste catastrofiche conseguenze. Gli occhi del mondo sono ora puntati sul fallimento del governo conservatore australiano, scrive il New York Times. Non c’è più tempo per il negazionismo. La realtà dei fatti è davanti a tutti, volenti o nolenti. Aspettare ancora significa che catastrofi ambientali di questa portata diverranno sempre più frequenti, in Australia e nel resto del pianeta. Già ora, mentre l’Australia è inghiottita dalle fiamme, l’Indonesia è sommersa dalle inondazioni. E non è passato tanto tempo dal disastro che ha demolito buona parte della Siberia e dell’Amazzonia. La Natura è in piena ribellione, i cataclismi aumentano in frequenza e violenza. L’emergenza climatica è realtà, non è più una minaccia futura. E i governi di tutto il pianeta devono prenderne atto e agire. Finché ci sarà ancora tempo per farlo.
Immagine in evidenza: Facebook “Zookeeper Chad”