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Coronavirus, al Trivulzio “agghiacciante malasanità”. Inchiesta sulla Regione Lombardia

Pubblicato: 18/04/2020 13:43

Un agghiacciante quadro di malasanità”. È la pesante accusa, rilasciata all’Ansa, di Alessandro Azzoni, creatore del Comitato giustizia e verità per le vittime del Pio Albergo Trivulzio di Milano. La struttura ospedaliera è al centro delle polemiche e delle indagini sulla gestione della crisi Coronavirus. Ma non si tratta dell’unica preoccupazione della Regione Lombardia. Secondo un’inchiesta della Stampa, la giunta Fontana e l’assessore Giulio Gallera avrebbero ricevuto a gennaio un allarme dal Ministero, annunciando misure di sicurezza da prendere in tempo prima dell’emergenza, senza poi metterle in atto.

Malasanità al Trivulzio di Milano

Nella più grande Rsa milanesesi sta assistendo alla cronaca di una serie di morti annunciate“, denuncia Alessandro Azzoni all’Ansa. “Non può più essere considerata un’emergenza: i dirigenti lo sanno quello che sta succedendo, ma hanno altro a cui pensare, a partire dalle indagini“. Azzoni, a capo del Comitato giustizia e verità per le vittime del Pio Albergo Trivulzio da lui stesso creato, punta il dito contro la gestione della crisi all’interno della Rsa. Azzoni raccoglie ogni giorno denunce e testimonianze dei parenti dei pazienti del Trivulzio. “A una signora ieri hanno detto che l’ospite di fianco a sua nonna ha i sintomi del Covid ma non la spostano, la lasciano lì e così la condannano a morte”. Fra i pazienti della Rsa c’è anche la madre di Azzoni, affetta da Alzheimer.

Le testimonianze dei parenti dei pazienti

Ho litigato con un medico per farle fare una flebo”, denuncia Azzoni. “Mia madre era nel letto senza parlare, non sapevano da quanto non mangia, ha una saturazione che richiederebbe una maschera d’ossigeno ma non gliela mettono. La sua dottoressa curante è sparita. Un terzo del personale è a casa infettato e quello che è rimasto fa il possibile ma senza una linea guida. Di fatto il Pat non ha più dirigenza. Riescono ad andare avanti solo grazie a lavoro del personale medico e infermieristico che sta dando tutto. Ma non vengono fatte scelte“. Raccogliere le testimonianze non è semplice, ribadisce Azzoni, perché i parenti dei pazienti “si dividono tra chi è in lutto ed è molto arrabbiato ma deve elaborare la perdita di un parente, chi è in apprensione per chi è ancora dentro e ce ne sono molti intimiditi nell’esporsi perché temono di avere ripercussioni sui propri cari“. 

L’inchiesta: la Regione sapeva un mese prima della crisi

Secondo quanto appreso dall’Ansa sulle indagini in merito alla diffusione del Coronavirus nelle Rsa, da gennaio il Pat ha ricoverato numerosi pazienti con polmoniti o con sintomi da insufficienza respiratoria. Ma oltre al Trivulzio e allo scandalo della delibera regionale dell’8 marzo, la Regione Lombardia ha una nuova gatta da pelare. La giunta Fontana, già al centro di critiche e indagini per la gestione dell’emergenza, deve ora affrontare anche quanto emerge da una nuova inchiesta della Stampa. Monica Serra scrive infatti sul quotidiano torinese che il Ministero della Sanità aveva inviato il primo allarme alle Regioni il 23 gennaio. Un mese prima del caso di Codogno, il primo in Italia. La circolare ministeriale avvisava dei rischi di una possibile epidemia. Gallera rispose convocando la prima task force della Sanità lombarda allo scopo di preparare un piano per l’arrivo del Coronavirus.

Indagini sulla gestione della Regione Lombardia

La Regione era a conoscenza dei rischi, dunque, già un mese prima del primo caso. Lo dimostrerebbero le dichiarazioni dello stesso Gallera, che ordinò ai medici di Asst, Irccs, case di cura, ospedali, medici di famiglia di segnalare i casi sospetti. Gallera annunciò inoltre l’elaborazione di un raccordo operativo con medici di base e pediatri, prosegue La Stampa. Ma le direttive della task force non sono mai giunte a destinazione, sottolinea il presidente dell’Ordine di Milano Roberto Carlo Rossi. “Abbiamo perso un mese per prepararci all’emergenza”. Tant’è che quando la pandemia scoppia, “la Lombardia non è pronta e va nel panico”, scrive Serra. Esistevano quindi una task force e un piano prima dell’arrivo del Coronavirus, ma la prima circolare ai medici di base lombardi porta la data del 23 febbraio. Due giorni dopo Codogno. Su questo e altri misteri riguardanti l’operato della Regione Lombardia, faranno luce le indagini in corso.