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Bimba di 3 anni torturata e uccisa dal patrigno: ora è nei guai anche la madre

Pubblicato: 20/10/2020 11:19

Nel 2016 la morte di una bambina di 3 anni a Calambrone (Pisa) ha portato alla luce un caso di maltrattamenti domestici grave e profondamente protratto nel tempo, purtroppo non dissimile dai casi delle violenze di Cardito e dell’omicidio del piccolo Evan.

La piccola Samantha è stata uccisa a forza di botte e torture dal suo patrigno, già condannato per il reato, ed è di questi giorni la notizia del rinvio a giudizio della madre, ritenuta co-responsabile della morte della bambina.

L’omicidio: picchiata e torturata con l’acqua gelida

Tonino Krstic, compagno di Francisca Juana de Olmo, era abituato a picchiare selvaggiamente i due figli della donna, di cui Samantha era la secondogenita. Contro di lei, l’uomo si accaniva in maniera particolare: la piccola veniva picchiata con la cinghia e con bastonate e spesso Krstic le lancia secchiate di acqua ghiacciata addosso, per poi lasciarla agonizzare e congelare.

Chiama il 118 ma dà un indirizzo falso

Nel giorno della sua morte la piccola è stata di nuovo torturata ma il patrigno si accorge che la situazione molto più grave del solito: la bambina sta andando in ipotermia. Chiama il 118 ma dà l’indirizzo sbagliato (in quel momento lui e la donna stanno vivendo in una pizzeria dismessa a Calambrone), e l’ambulanza non arriva. Solo due ore dopo, quando Krstic ha eliminato tutte le prove delle violenze (la cinghia, i bastoni ed il resto) richiama l’ambulanza e dà l’indirizzo giusto. Purtroppo i soccorsi non posso arrivare in tempo e la piccola Samantha a quel punto è già morta.

Le presunte responsabilità della madre di Samantha

Per tutto il tempo la madre della piccola era presente: non è chiaro se la donna fosse libera di agire o se e quanto fosse succube del marito (che pare la minacciasse e picchiasse piuttosto spesso), ma i giudici della Corte d’appello, alla luce degli elementi emersi dalle indagini, ritengono che la donna avrebbe potuto tentare di fermare il compagno, anche perché avrebbe posseduto un suo personale telefono cellulare dal quale avrebbe potuto chiamare il 118 e dare immediatamente il giusto indirizzo. La donna, che era stata già condannata a 12 anni per maltrattamenti. Potrebbe essere giudicata ora responsabile di omicidio volontario aggravato in soccorso. Il compagno è già stato condannato all’ergastolo.