Vai al contenuto

La storia del “killer di Twitter”: attirava sul web giovani aspiranti suicidi per farli a pezzi

Pubblicato: 28/12/2020 11:53

Condanna a morte: è questa la sentenza che il tribunale ha deciso per il cosiddetto “killer di Twitter”. L’efferato assassino ha guadagnato questo soprannome perché adescava le sue vittime proprio sul famoso social network. Sceglieva attentamente i soggetti più vulnerabili, giovani aspiranti suicidi, e li ammazzava e smembrava senza pietà. Un feroce omicida che nulla ha da invidiare ai più celebri killer, da Zodiac a Ted Bundy o il “Golden State Killer“. La vicenda di Takahiro Shiraishi, l’assassino che ha terrorizzato l’opinione pubblica giapponese per anni, volge al termine.

Il punto in comune tra le vittime

Tre anni fa, una serie di cruenti omicidi sconvolse l’opinione pubblica giapponese. Tra agosto e ottobre 2017, un ragazzo e 8 giovani donne -di cui una minorenne- svanirono misteriosamente. Subito però si scoprì che gli scomparsi avevano qualcosa in comune: un intento suicida, pubblicato esplicitamente sui loro social network. Il loro avrebbe potuto essere un grido d’aiuto, affidato alla tecnologia. Il messaggio disperato venne colto però dalla persona sbagliata: Shiraishi, infatti, si offrì di dare loro una mano. Non per salvare loro la vita, ma al contrario per aiutarli a morire.

Le indagini della polizia giapponese, spiega l’agenzia di stampa Kyodo, partirono dalla scomparsa di una 23enne. Il fratello della ragazza avvertì la polizia quando trovò sul profilo Twitter della sorella alcuni messaggi sospetti. Questi condussero a Takahiro Shiraishi, 30 anni, residente a Zama, cittadina distante circa 50 chilometri da Tokyo.

I resti delle vittime trovati nella “casa degli orrori”

La mattina del 31 ottobre 2017, gli agenti si presentarono da Shiraishi e si ritrovarono in quella che i media giapponesi definirono “La casa degli orrori“. Come uno scherzo del destino, proprio il giorno di Halloween, si trovarono davanti uno spettacolo terrificante: 9 teste, braccia e gambe, resti di esseri umani, fatti brutalmente a pezzi e conservati in diversi freezer. Una prova schiacciante, per l’unico inquilino dell’appartamento, che venne subito arrestato.

Killer colpevole anche di stupro e furto

Nel corso del processo, la storia omicida di Takahiro Shiraishi è stata poi approfondita, con inquietanti dettagli. Gli investigatori hanno scoperto che il “killer di Twitter” invitava le vittime prescelte nella sua casa, offrendo la sua assistenza, per poi strangolarle e smembrarle. In alcuni casi le ha anche derubate, aggiunge l’agenzia Kyodo. E le 8 ragazze, compresa una 15enne, sarebbero state anche stuprate. Lo scorso 30 settembre, di fronte alla corte di Tachikawa (appartenente al Distretto di Tokyo), il giovane assassino si è dichiarato colpevole di tutte le accuse.

La condanna definitiva: pena capitale

Shiraishi ha rifiutato perfino i consigli dei suoi stessi avvocati, i quali avrebbero voluto evitare la condanna a morte al loro assistito. Se Shiraishi avesse confermato quanto dichiarato dai suoi legali, ovvero che aveva ucciso con il consenso delle sue vittime, avrebbe probabilmente ottenuto una riduzione della pena, salvando la sua vita. Ma il “killer di Twitter” ha confessato di aver ucciso contro la loro volontà. Shiraishi ha confermato tutto, dal modus operandi per scegliere le vittime, fino alla dinamica degli omicidi e dell’accanimento sui cadaveri. Martedì 15 dicembre, durante l’udienza definitiva, la Corte ha deciso di condannare a morte il 30enne assassino.

Giappone, terra di suicidi

Il Giappone è uno degli Stati con i più alti tassi di suicidi al mondo. Il sito d’informazione Nippon ha elaborato una serie di sconcertanti statistiche grazie ai dati del Ministero della Salute giapponese. Per quanto il numero di suicidi negli ultimi 10 anni sia calato, i numeri restano ancora altissimi, soprattutto fra i più giovani: il suicidio è la prima causa di morte in Giappone nella fascia compresa fra i 15 e i 39 anni. Solo nel 2019, 20.169 cittadini giapponesi si sono tolti la vita: 659 avevano meno di 20 anni, è il dato più drammatico dal 2000.