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Maria Chindamo, rivelato presunto movente: ecco perché l’hanno fatta scomparire

Pubblicato: 07/01/2021 11:47

Maria Chindamo, imprenditrice agricola calabrese, sarebbe morta perché si era rifiutata di cedere i suoi terreni ad un trafficante di cocaina di zona. Davanti al rifiuto il trafficante avrebbe deciso di uccidere la donna e farne sparire il corpo, forse distruggendolo con un trattore o, addirittura, dandolo in pasto ai maiali.

Questa versione dei fatti, che sarà vagliata dagli inquirenti, è stata raccontata alla Procura dal pentito Antonio Cossidente, che in carcere a Paliano aveva raccolto le confidenze di Emanuele Mancuso, figlio del boss Pantaleone, che a quanto pare era a conoscenza di questa storia.

Il racconto di Mancuso a Cossidente

Il drammatico -ipotetico- epilogo della storia di Maria Chindamo, imprenditrice di Laureana di Borrello sparita nel nulla dalla sua azienda agricola di Limbadi nel 2016, sarebbe emerso da racconti scambiati tra due pentiti ed emersi solo ora, in mezzo alle varie dichiarazioni fatte da Cossidente agli inquirenti.

Cossidente avrebbe raccontato di Maria Chindamo al Ros di Roma lo scorso febbraio. Il pentito aveva parlato della sparizione della donna con il rampollo dell’ndrangheta Emanuele Mancuso, diventato suo amico e protetto nell’ambiente carcerario. Cossidente a quanto racconta si era affezionato a Mancuso e spesso ascoltava le sue confidenze, fino a sentire anche la storia della donna scomparsa a Limbadi.

È il sito ilvibonese.it a riportare parte delle parole di Cossidente al Ros: “Mi disse che lui era amico di un grosso trafficante di cocaina, detto ‘Pinnolaro’, legato alla famiglia Mancuso da vincoli storici e mi disse che per la scomparsa della donna, avvenuta qualche anno fa, c’era di mezzo questo ‘Pinnolaro’ che voleva acquistare i terreni della donna in quanto erano confinanti con le terre di sua proprietà. ‘Pinnolaro’ aveva pure degli animali, credo che facesse il pastore e questa donna si era rifiutata di cedere le proprietà a questa persona”.

Come avrebbe agito il “Pinnolaro”

Il “Pinnolaro” sarebbe tale Salvatore Ascone, 53enne residente a Limbadi, già indagato per concorso in omicidio nel caso Chindamo. Finora si pensava che il ruolo di Ascone fosse stato quello di manomettere le telecamere di sorveglianza dell’azienda agricola, di modo da nascondere il sequestro della donna. Diversa è la storia raccontata da Cossidente: “Mancuso mi disse anche che in virtù di questo rifiuto della Chindamo a cedere le proprietà, ‘Pinnolaro’ l’ha fatta scomparire, ben sapendo che, se le fosse successo qualcosa la responsabilità sarebbe ricaduta sulla famiglia del marito della donna, poiché il marito o l’ex marito dopo che si erano lasciati si era suicidato”.

L’idea di Pinnolaro si ipotizza fosse quella di far credere che la donna fosse stata fatta sparire dalla famiglia dell’ex marito, come vendetta per il suicidio dell’uomo. Continua Cossidente: “Quindi questo ‘Pinnolaro’ sapendo delle vicende familiari della donna, sarebbe stato lui l’artefice della vicenda per entrare in possesso dei terreni e poi far ricadere la responsabilità sulla famiglia del marito in modo da entrare in possesso di quei terreni”.

Mancuso aveva già parlato di Pinnolaro

Una parziale conferma del modus operandi di Ascone è anche nell’interrogatorio di Mancuso da parte dei magistrati nel 2018: il giovane aveva raccontato che per i suoi traffici il Pinnolaro spesso aveva bisogno dei terreni adiacenti a quelli che già possedeva ed era abituato a pagare i proprietari, lasciandoli formalmente intestatari dei terreni, che poi acquisiva per usucapione.