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Riaperture dal 26 aprile, per Draghi “rischio ragionato”. Allarme degli scienziati: “Estate a rischio”

Pubblicato: 17/04/2021 15:05

Il governo Draghi accelera sulle riaperture, che dal 26 aprile potrebbero riguardare le Regioni in zona gialla. La decisione sui colori assegnati dovrà attendere il 23 aprile, con il report sul Covid-19 che indicherà se e dove ci saranno le premesse per il cambio da rosso e arancione a giallo. Se Mario Draghi ha infine optato per il cosiddetto “rischio ragionato“, non sono molto d’accordo virologi e infettivologi, che sottolineano come una decisione del genere possa avere serie ripercussioni sulla curva di contagi.

Benché le riaperture vengano considerate necessarie per dare una boccata d’ossigeno all’economia, dall’altro lato la salute rischia di risentirne, specialmente per la lentezza della campagna vaccinale e il fallimento nel tracciamento dei contagi.

Riaperture dal 26 aprile in zona gialla

Il governo, dopo un’aspra mediazione, ha anticipato i tempi previsti per le riaperture, con uno spiraglio il 26 aprile per bar e ristoranti, che in zona gialla potranno tornare a servire la cena solo all’aperto, e le scuole che torneranno al 100% della presenza in zona gialla e arancione.

Al via in zona gialla anche gli spettacoli al chiuso, seppur con accessi limitati, e allo spostamento tra Regioni gialle senza restrizioni, dove si potrà tornare anche nei musei. La road map continua poi a maggio con il ritorno parziale in presenza anche all’Università, l’apertura di stabilimenti balneari e piscine. Giugno e luglio vedranno poi un ulteriore allentamento delle restrizioni, con la possibilità per bar e ristoranti di tornare a operare anche all’interno dei locali.

Il “rischio ragionato” di Mario Draghi

Il premier Mario Draghi ha dichiarato che lo spiraglio sulle riaperture è un “rischio ragionato. In conferenza stampa, il presidente del Consiglio ha specificato: “Noi abbiamo preso questo rischio, riapriamo. Non ho dubbi che la campagna vaccinale andrà sempre meglio, se i comportamenti sono osservati, con distanziamenti e mascherine, la probabilità che si debba tornare indietro è molto bassa“.

Gli scienziati mettono in guardia sul rischio delle riaperture

La decisione di Draghi incontra le richieste che in questi giorni hanno assunto toni di protesta fuori dai Palazzi della politica e la costante tensione interna con la destra. Una frustrazione dentro e fuori il governo di cui ha fatto le spese il ministro Roberto Speranza, attaccato da più fronti.

L’Istituto Superiore di Sanità ha certificato la lenta decrescita della curva dei contagi, evidenziando comunque la pressione ancora alta sugli ospedali. E se dal ministero della Salute si guarda alla possibilità di riaperture in modo molto graduale, a patto di stringenti controlli, alcuni infettivologi e virologi non sono altrettanto ottimisti sul “rischio ragionato” di Draghi.

Crisanti: “Tra un mese aumento dei casi”

Tra i poco convinti delle scelte del governo c’è Andrea Crisanti, direttore di Microbiologia e virologia dell’università di Padova. All’Adnkronos Salute, il virologo commenta: “Con una situazione di contagio elevato, pensare alle riaperture vuole dire che tra un mese avremo un aumento dei casi di Covid-19 e l’estate sarà a rischio e dovremmo richiudere“.

Durissimo il giudizio sulla suddivisione in fasce colorate: “Riproporre le zone gialle, quelle arancioni e rosse, è continuare con un sistema infernale ed è la dimostrazione che in un anno non si è trovata un’alternativa efficace e non si sono costruiti strumenti adeguati per contenere l’epidemia. Siamo sempre lì, con oscillazioni tra zone gialle e arancioni, nelle prime si apre e il contagio aumenta“.

Galli giudica il rischio “calcolato male”

Della stessa linea l’infettivologo Massimo Galli, primario dell’ospedale Sacco di Milano. A Otto e Mezzo, Galli non usa mezzi termini: “Rischio calcolato male. Abbiamo ancora più di 500mila casi ufficiali di infezione in atto, che vuol dire averne il doppio, nel senso che non possono che essere molti più di così quelli che ci sono sfuggiti“.

Il professore sottolinea anche i ritardi nella campagna vaccinale: “Abbiamo fatto 23 dosi e mezzo per 100 abitanti di vaccino, abbiamo ancora un’importantissima parte di 70enne e di 80enni che non sono ancora vaccinati“. Galli osserva che una “riapertura così precoce“, nonostante la consapevolezza del “disastro nel continuare a rimanere chiusi per alcuni“, non può che portare a un ritorno alla situazione di emergenza, a meno di dare una seria svolta alla somministrazione di vaccini.