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I genitori di Marco Vannini a Domenica In a pochi giorni dalla sentenza: “La giustizia esiste”

Pubblicato: 09/05/2021 17:08

L’atteso epilogo della lunga vicenda giudiziaria legata alla morte di Marco Vannini è arrivato il 3 maggio scorso, con la conferma da parte della Cassazione delle condanne alla famiglia Ciontoli. Grande soddisfazione è stata espressa dai genitori del giovane ragazzo. Ospiti a Domenica In, Marina Conte e Valerio Vannini rivelano: “Finalmente Marco ha avuto giustizia“.

Caso Marco Vannini: condannati i Ciontoli

Era la notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 quando Marco Vannini morì a Ladispoli, in provincia di Roma. A distanza di quasi 6 anni esatti da quella tragedia, la famiglia del giovane ragazzo ha ottenuto finalmente quella giustizia tanto inseguita e ricercata. La Corte di Cassazione ha infatti confermato le condanne in via definitiva ai Ciontoli, la famiglia della fidanzata di Marco: 14 anni ad Antonio Ciontoli per il reato di omicidio volontario, 9 anni e 4 mesi alla moglie e ai figli Federico e Martina per concorso anomalo in omicidio volontario.

Piena soddisfazione per i genitori di Marco, Marina Conte e Valerio Vannini, sebbene il raggiungimento di questo traguardo non potrà in alcun modo colmare il vuoto lasciato dalla scomparsa del figlio. La coppia, ospite oggi pomeriggio di Mara Venier nello studio televisivo di Domenica In, ripercorre questi lunghi e difficili anni e racconta le proprie sensazioni dopo l’emissione della sentenza.

Un caso che ha scosso l’Italia intera

Finalmente Marco ha avuto giustizia“, le parole di Marina Conte, che aggiunge: “All’inizio volevamo solo la giustizia e non sapevo quello che sarebbe potuto succedere. Abbiamo iniziato a batterci perché era partito tutto come un incidente domestico, ma non era così. Andando avanti la gente vedeva quanti depistaggi ci fossero stati“.

Anche Valerio Vannini sottolinea quanto questo caso giudiziario abbia sconvolto l’opinione pubblica, provocando reazioni da più parti e mettendo l’Italia intera al corrente di quanto accaduto: “L’opinione pubblica già da subito ha iniziato a sentire quella telefonata al 118, in cui Marco in sottofondo chiede aiuto. Tutti si sono indignati, ha fatto venire la pelle d’oca a tutta Italia“.

La giustizia esiste

Marina Conte ritorna sui lunghi anni di sofferenza e dolore, vissuti alla ricerca della verità e della giustizia, e intende veicolare un messaggio: “Il messaggio che voglio mandare è che in questi anni ho sofferto tantissimo e dubitato della giustizia. Mi ricordo che dissi: ‘Che messaggio arriva a questi giovani?’. Era talmente palese quello che era successo in quella casa, che sembrava come se nessuno volesse leggere queste carte e vedere quanto era successo“.

La giustizia ha fatto il suo corso e ha emesso la sua sentenza definitiva: “A distanza di 6 anni posso dire che ho lottato tanto e il messaggio è per questi giovani: la giustizia esiste“.

La famiglia unita nella battaglia giudiziaria

Nel corso dell’intervista Marina Conte ricorda quanto la ricerca della giustizia l’abbia spesso portata a vivere sull’onda dell’emotività. E ad essere coinvolti nella sua battaglia giudiziaria sono stati anche i suoi genitori, ovvero i nonni di Marco: “Mio papà è morto 15 mesi dopo la morte di Marco. Mamma ha detto che voleva continuare a vivere solo per aiutarmi e darmi forza, diceva che una mamma è una mamma e mi ha sempre sostenuto in questi anni. Sono stata dura anche con loro perché purtroppo stavo pensando al dolore mio, a quello che vivevo io. Diventi quasi egoista, dura, un’altra persona e quindi a volte mi rendevo conto che potevo essere fastidiosa, ma ha fatto parte di tutto questo“.

Il giudizio sui Ciontoli: “Perdono attraverso la verità

Alla domanda di Mara Venier sull’ipotesi di perdonare la famiglia Ciontoli, il giudizio di Marina Conte è secco: “Il perdono passa attraverso la verità, e loro la verità non l’hanno ancora detta. Devono assumersi la loro responsabilità“.

La felicità ci è stata tolta quella maledetta sera, adesso è solo un sopravvivere. Io voglio credere che in questo momento di percorso nel carcere loro riescano a capire quello che hanno fatto e a prendersi le loro responsabilità“.