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Massimo Bossetti, negato l’accesso ai reperti del caso Yara: la Corte d’Assise rigetta tutte le istanze

Pubblicato: 03/06/2021 18:16

Nuova sconfitta per Massimo Bossetti, il muratore di Mapello condannato all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio di Yara Bossetti. Nonostante il terzo grado di giudizio, i legali hanno presentato numerose istanze per poter aver accesso ai reperti e puntare così ad una revisione del processo. Nonostante pochi giorni fa la Cassazione abbia dato ragione annullando alcuni provvedimenti, oggi è arrivato un nuovo alt da parte della Corte d’Assise di Bergamo.

Massimo Bossetti, la Corte d’Assise nega l’accesso ai reperti

Solo pochi giorni fa si era parlato di una vittoria per Massimo Bossetti: per la terza volta la Cassazione gli aveva dato ragione, questa volta circa l’istanza per poter conoscere lo stato di conservazione dei reperti del caso di Yara Gambirasio. I legali del muratore vogliono la revisione del processo e far esaminare nuovamente i 54 campioni di Dna che la Procura invece ritiene “degli scarti”. Impossibile inoltre esaminare la prova regina, ormai completamente esaurita.

Oggi però arriva una nuova battuta d’arresto per le intenzioni dei legali di Bossetti. La Corte d’Assise di Bergamo, si apprende, ha negato l’accesso ai reperti del processo sulla morte di Yara. Dopo la decisione dei giudici, i legali non potranno neanche effettuarne la ricognizione.

Massimo Bossetti, respinte le istanze per la revisione del processo

Un nuovo no della Corte d’Assise, quindi. Massimo Bossetti e i suoi avvocati non potranno aver accesso neanche ai Dvd contenenti la raccolta fotografica realizzata dai Ris durante le indagini, e neppure le caratterizzazioni dei profili genetici del Dna, dal cui esame comparativo era risultato che Bossetti fosse Ignoto 1.

A dare la notizia in prima battuta è stato Quarto Grado, tramite la sua pagina Facebook. Viene riferito che la giudice Donatella Nava ha respinto tutte le istanze degli avvocati, con un’ordinanza di 19 pagine. Solo pochi giorni fa, Claudio Salvagni aveva parlato di una “strenua difesa di un’indagine qualitativamente scarsa e che non ha raggiunto una certezza granitica“. E aveva aggiunto: “Noi vogliamo esaminare quei 54 campioni di Dna trovati sui vestiti della povera Yara, perché crediamo che lì ci siano le risposte a tutti i dubbi ancora in piedi in questa lunga vicenda”. Probabile, ora, un nuovo ricorso e la nuova strada verso la Cassazione, che già per tre volte ha dato ragione a Bossetti, senza però che le cose siano poi volte in suo favore.