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Massimo Giletti da un anno sotto scorta, la solitudine e la sofferenza: “Mi ricorda il pericolo che vivo ogni giorno”

Pubblicato: 09/06/2021 17:05

Massimo Giletti torna a parlare con amarezza della sua nuova vita sotto scorta da quasi un anno: “Pago il prezzo di una grande solitudine”. Il conduttore era stato minacciato dal boss mafioso Filippo Graviano a maggio dell’anno scorso, dopo una puntata del suo programma Non è l’arena.

Massimo Giletti sotto scorta da un anno: “Non sono più quello di una volta

Massimo Giletti è impegnato in Sicilia per registrare uno speciale sulla mafia, Abbattiamoli, che andrà in onda il 10 giugno su La7, ed è tornato a raccontare la sua nuova vita. Vivo sotto scorta e sono stato lasciato solo da tanti colleghi. Se questa battaglia contro i boss, nel periodo del Covid, l’avessimo fatta in tanti, non sarei entrato nel mirino di Cosa nostra – ha raccontato il giornalista e conduttore al Corriere della SeraIo vivevo nella libertà del motorino, oggi non posso più farlo. Ora trovo la scorta che mi ricorda il pericolo che vivo ogni giorno. Io cerco di non pensarci, ma è lì nella sua evidenza quotidiana. Non posso incontrare amici come e quando voglio. Non sono più quello di una volta”. Intervistato da NuovoTv Giletti ha aggiunto dettagli su quelle che sono ad oggi le sue relazioni: “Con un gruppo di carabinieri tutti i giorni: basta questo per intuire le difficoltà di vita pratica e di movimento. E poi pago il prezzo di una grande solitudine, anche perché siamo in pochi a scendere in campo”.

Massimo Giletti: la scorta dopo le minacce

La causa scatenante dopo la quale si è deciso per una scorta a cui affidare a Giletti è stata la puntata di Non è l’area andata in onda il 10 maggio 2020, quando Massimo Giletti lesse i nomi di boss che stavano per essere scarcerati a causa dell’emergenza Coronavirus, alcuni dei quali al 41 bis. Non era la prima volta che Giletti si era occupato della vicenda nel corso della sua trasmissione eppure, subito dopo quella puntata, il boss Graviano (condannato per le stragi del ’92 e del ’93) era stato intercettato in un carcere di massima sicurezza mentre parlava di Giletti e del magistrato Nino Di Matteo. Le parole di Graviano sarebbero state: “Il ministro fa il lavoro suo e loro rompono il ca**o. A questa frase, però, non era seguito subito un provvedimento per tutelare Giletti. L’intercettazione, effettuata dal Gruppo Operativo Mobile della Polizia penitenziaria, era stata pubblicata nel libro-inchiesta U Siccu – Matteo Messina Denaro: l’ultimo capo dei capi di Lino Abbate, vicedirettore de L’Espresso. Le parole di Graviano erano poi state riprese da La Repubblica a luglio 2020, da cui Giletti avrebbe poi appreso del pericolo.

Come minimo mi aspettavo che chi tiene le carte di queste intercettazioni, mi avvisasse. Spero che qualcuno mi risponda su questo – si era espresso Giletti sempre sulla pagine di La Repubblica, amareggiato – Apprendere da un giornale una cosa di questo tipo, mi lascia molto preoccupato. Mi preoccupa questo silenzio. Stiamo parlando di maggio. Siamo a luglio. Forse una telefonata me la sarei potuta aspettare da qualcuno. Perché nessuno mi ha avvisato? Perché chi è competente non mi ha avvisato? Come minimo c’era il dovere istituzionale di avvisarmi…”.