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Viviana Parisi e Gioele Mondello morti a Caronia: la famiglia si oppone alla richiesta di archiviazione

Pubblicato: 03/09/2021 23:55

Daniele Mondello, marito di Viviana Parisi e padre del piccolo Gioele – morti a Caronia nell’agosto 2020 -, non crede alla ricostruzione della Procura di Patti (per cui la donna avrebbe ucciso il figlio per poi togliersi la vita) e, tramite i suoi legali, presenterà opposizione alla richiesta di archiviazione del caso. La famiglia della dj, deceduta insieme al suo bambino tra le campagne del Messinese, rigetta lo scenario di un omicidio-suicidio e continua a chiedere che le indagini non si fermino a questo orizzonte.

Viviana Parisi e Gioele Mondello morti a Caronia: la famiglia si oppone all’archiviazione

Poche settimane fa, la Procura di Patti ha presentato richiesta di archiviazione per il caso di Viviana Parisi e di suo figlio, Gioele Mondello, trovati senza vita tra i campi di Caronia (Messina) nell’agosto 2020, diversi giorni dopo la loro misteriosa scomparsa. Secondo gli inquirenti, la donna avrebbe ucciso il suo bambino di 4 anni per poi suicidarsi. Una ricostruzione da sempre respinta dal marito e padre delle vittime, Daniele Mondello, ora pronto a presentare opposizione.

Ci sono molti elementi che non ci convincono nella tesi dei pm“, ha dichiarato uno degli avvocati dell’uomo, Pietro Venuti, in merito alla decisione della famiglia dopo l’istanza avanzata dalla Procura. Parole, riportate dall’Ansa, che sottolineano quanto sostenuto da Daniele Mondello fin dalle prime battute del giallo. “Noi avevano chiesto altre analisi e altri esami. Non ci fermeremo qui cercheremo di andare fino in fondo per conoscere la verità“, ha ribadito Venuti.

E di un consistente bacino di elementi che non avrebbero convinto il gruppo di consulenti di Daniiele Mondello aveva parlato anche uno di loro, il criminologo Carmelo Lavorino, secondo cui l’ipotesi di una messinscena da parte di terzi dopo la morte di madre e figlio non sarebbe poi così peregrina. A detta del team di esperti che assistono il marito di Viviana Parisi, non ci sarebbero evidenze nitide a deporre a favore di un presunto omicidio-suicidio. All’esito delle loro indagini sul caso, i consulenti di Daniele Mondello sarebbero giunti alla conclusione che la donna non si sia suicidata e che la morte del bimbo non sia da attribuire all’azione della 43enne.

La richiesta di archiviazione proposta dalla Procura di Patti – ha affermato Lavorino, citato dall’agenzia di stampa – è composta da 526 pagine che noi confutiamo e contestiamo totalmente: sono pagine che non dimostrano nulla. Sono ipotesi campate sul nulla e sono una replica alle nostre ipotesi di lavoro“. Il criminologo parla di “sviste medico-legali e tecnico-scientifiche” che il team sarebbe pronto a “contestare in maniera tecnica e scientifica“. Atteso nei prossimi giorni il deposito della consulenza di opposizione all’istanza di archiviazione.

Viviana Parisi e Gioele Mondello, le intercettazioni nell’alveo dell’inchiesta

Secondo quanto filtrato in queste ore, riferisce Adnkronos, nell’alveo dell’inchiesta sarebbero confluite alcune intercettazioni, poi allegate alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura, in cui emergerebbe che anche i familiari di Viviana Parisi erano convinti che la donna potesse aver ucciso il figlio e essersi suicidata. Il tutto alla luce di una presunta precarietà delle sue condizioni psichiche. Secondo quanto visionato dall’agenzia di stampa in merito alle intercettazioni telefoniche e ambientali, la famiglia avrebbe nascosto (anche agli inquirenti) un tentato suicidio della donna.

Una situazione di disagio c’era – ha dichiarato l’avvocato di Daniele Mondello ai microfoni di Adnkronosma riteniamo che questa condizione di disagio non poteva, nella maniera più assoluta, condurla a un gesto estremo (…). Per quanto riguarda la morte del bambino, la Procura non è in grado di accertare la causa. Fanno ipotesi, in termini di possibilità astratta. Dicono che può essere stato ucciso o che ha avuto un malore“.

Duro il commento del criminologo Lavorino, affidato a un post pubblicato in serata su Facebook: “I Pm sono esseri umani e sono funzionari dello Stato, indagano per conto e in nome del Popolo italiano, non hanno il diritto di sbagliare (…), i pm non sono il Verbo, i loro consulenti non sono il Verbo tecnico-scientifico, la Polizia giudiziaria non è il Verbo investigativo. I Pm non sono i Giudici, sono una parte processuale, la Parte pubblica. I Pm hanno il dovere di impedire che vengano pubblicate notizie pretestuose e parti dell’indagine. Ora aspettiamo di vedere cosa deciderà il Giudice delle indagini preliminari: per la prima volta, dopo mesi di indagini criticabili, non condivisibili e partite col piede sbagliato, si andrà davanti al giudice che per definizione è Imparziale, giusto e terzo“.