Vai al contenuto

Luca Morisi, dalla Bestia all’inchiesta per droga che scatena i veleni nella Lega: è finita l’era Salvini?

Pubblicato: 02/10/2021 09:00

Come spesso accade in Italia, la stagione politica viene scandita dalla cronaca giudiziaria, che si abbatte su ferite aperte. Il caso di Luca Morisi è esemplificativo di una parabola che riguarda quello che fino a due anni fa era il partito di governo, con un leader che sembrava pronto ad ascendere alla soglia di Palazzo Chigi, Matteo Salvini. Recentemente, però, la storia è ben diversa. Il leader della Lega si trova a fare i conti con l’Italia post Covid-19, che come una meteora si è abbattuto sulla quotidianità di un elettorato molto diverso rispetto a quello del 2018.

La necessità di pragmatismo e rassicurazioni ha dato forza ai governatori del Nord, che sembrano pronti a rimettere al centro la Lega storica, iniziando una resistenza silenziosa ma visibile a scapito di Salvini. La macchina di odio a stampo sovranista che era la Bestia, che ha pompato consensi al  segretario, è inceppata da un po’, con la volubile opinione pubblica meno interessata agli allarmismi xenofobi e più all’impatto della pandemia sulle loro vite e sui problemi quotidiani. La caduta dell’ideologo Luca Morisi, che ha portato Matteo Salvini ad assurgere fino a oggi a figura forte del centro-destra, fa presagire che l’era del salvinismo potrebbe trovarsi al suo atto finale. 

Luca Morisi, la Bestia e l’ascesa di Salvini

La Bestia è stata un meccanismo fondamentale per la creazione del consenso intorno a Matteo Salvini, il quale ha dato un’impronta personalistica a un partito morente. La vecchia gestione Bossi, travolta anche questa da scandali giudiziari, e la presenza prettamente regionalistica, facevano della Lega un partito di margine. Sull’onda della febbre del leader forte, che in tutto l’Occidente ha creato correnti politiche improntante sulle personalità più che sulle masse di Novecentesca memoria, Salvini si è prepotentemente affermato prendendo in mano la Lega e trasformandola in qualcosa di nuovo. Lo sguardo al Sud, la retorica anti-immigrati basata su un’ideologia nazionalista, ma anche il conservatorismo estremo su questioni sociali come i diritti LGBTQ, sono strati trasformati da Luca Morisi in nutrimento per alimentare la macchina della propaganda

Questo ricorrendo a un linguaggio urlato e violento, creando dei nemici, che spesso si sono rivelate vittime date in pasto all’odio social, nella frenesia di creare una contrapposizione costante. Il ricorrere a divisioni tra “Noi” e “Loro”, escamotage ormai banale ma sempre efficace, ha polarizzato i consensi intorno alla figura di Salvini, presentato come “padre” e “uomo della strada”. Per far questo l’attenta pianificazione di immagini e messaggi, con migliaia di post spammati sui social, creati ad arte tra foto in famiglia o con il celebre panino con la Nutella. Nel mezzo, la vera linea politica diffusa tramite parole chiave: gli “sbarchi”, “l’invasione”, gli “spacciatori di morte”. 

luca morisi a porta a porta
Luca Morisi

La Bestia che non morde più

Un motore rodato che ha iniziato a perdere colpi dopo che la vera “bestia” si è abbattuta sull’Italia, il Covid-19. Il nemico per gli elettori non era più lo studente che manifestava contro Salvini o la deputata che difendeva gli immigrati, ma la realtà della morte, l’incertezza del futuro e la crisi economica che ne sarebbe derivata. Abbiamo visto la confusione di Salvini nel comunicare in quel frangente: riaperture, poi chiusure, messaggi contraddittori che ne hanno minato la figura di leader dalla mano ferma. La mancanza di risposte semplici e risolutive di fronte alla pandemia, e l’impossibilità di individuare colpevoli, hanno inceppato la Bestia di Luca Morisi. 

A emergere, in ambito leghista, sono state altre figure. I governatori del Nord, Luca Zaia in primis, che vivevano in prima persona l’orrore di quei momenti, la conta dei morti quotidiana, e che prendevano le decisioni difficili ma necessarie, non senza rinunciare a ricoprire anche il ruolo di contrasto rispetto alle direttive del governo centrale. La Lega, insieme al Nord piegato dalla pandemia, ha riscoperto una parte di se stessa, quella federalista, dei piccoli imprenditori e dei loro “sacrifici”. Creando le basi per un movimento interno di dissenso rispetto a un leader “romano” e al suo interessamento rispetto a quanto accade sulle spiagge della Sicilia. Situazione che è tornata a vantaggio di un’altra rivale di Salvini, Giorgia Meloni che, approfittando della titubanza e delle lotte interne alla Lega, è riuscita a traghettare lo zoccolo duro del sovranismo verso Fratelli d’Italia. Indebolendo ulteriormente la figura di Salvini e contendendogli lo scettro di riferimento della destra . 

La vecchia Lega riprende fiato: i governatori e Giorgetti a caccia di Salvini

Quello che fino a ieri sembrava il leader intoccabile, portatore di consensi inimmaginabili per anni, si è scoperto alle correnti interne che aspettavano il momento della ribalta. La nomina di Giancarlo Giorgetti a ministro dello Sviluppo economico del governo Draghi è stato l’evento che più di tutti ha mostrato la debolezza di Salvini, incapace di contrapporsi a quella nomina che ha dovuto subire più che benedire. 

Ora Giorgetti ha creato il suo spazio politico, diventato la figura di riferimento per l’alternativa al salvinismo all’interno della Lega. La bocciatura del ministro per i candidati delle comunali, cavalli azzoppati dalle rivalità interne al centro-destra, segna lo smarrimento definitivo e la possibilità che dalle elezione del 3 e 4 ottobre potrebbe uscire una Lega diversa da come ci è entrata. Abbracciato alla figura di Draghi, Giorgetti ha sentito il polso del Paese, alla ricerca di stabilità, e degli elettori storici della Lega, che vogliono un riferimento che difenda gli interessi imprenditoriali. Le partecipazioni agli incontri di Confindustria o di Confcommercio gli regalano una fiducia di strati dell’élite manageriale italiana di cui Salvini non ha mai goduto. 

giancarlo giorgetti e mario draghi
Giancarlo Giorgetti e Mario Draghi

Il caso Luca Morisi: più che “giustizia a orologeria” pugnalata politica

E qui si arriva al colpo più duro assestato finora a Matteo Salvini. Per quanto la cronaca giudiziaria farà il suo corso, il peso politico della caduta dell’ideologo Luca Morisi è già storia. Il leader leghista ha già difeso il suo ex braccio destro, più per proteggere se stesso che per fedeltà a chi è stato l’autore del suo successo. Quanto accaduto, e quanto sta continuando a emergere, tra escort e festini che sono dei classici quando si parla di distruggere la carriera politica di qualcuno (vedere Pietro Marrazzo, ve lo ricordate?), sta compiendo quello che inchieste su fondi russi, faccendieri e 49 milioni di euro non sono riusciti a fare. 

Il vento è cambiato, e chi sembrava intoccabile ieri oggi non lo è più. Il colpo inferto, più che di giustizia a orologeria, come ha commentato qualcuno, sembra la pugnalata di Bruto a Cesare e il mittente potrebbe non essere così scontato. Luca Morisi ha immaginato e creato un certo tipo di Lega, estensione della figura di Salvini. Il castello di post sta ora crollando senza più l’artefice che lo mandava avanti. C’è da aspettare per vedere se l’eco dello schianto farà mancare la terra sotto i piedi anche al re.  

Ultimo Aggiornamento: 02/10/2021 10:03