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Martina Rossi, i condannati per tentata violenza provano a evitare il carcere. La reazione del padre

Pubblicato: 09/10/2021 12:25

La morte di Martina Rossi ha trovato una sua verità giudiziaria due giorni fa, con la sentenza definitiva della Cassazione: quando è precipitata dal sesto piano dell’albergo di Palma di Maiorca, Martina stava sfuggendo ad un tentativo di stupro. I due uomini condannati per il reato ora provano ad evitare il carcere ricorrendo ai servizi sociali: per il padre della 23enne, però, non fa alcuna differenza.

Martina Rossi, Albertoni e Vanneschi chiedono i servizi sociali dopo la condanna

Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi sono stati condannati a 3 anni di carcere per tentata violenza sessuale su Martina Rossi. Questo è il punto conclusivo della vicenda della morte della ragazza, 10 anni dopo la sua scomparsa. Dopo il processo bis, richiesto dalla Cassazione in quanto l’ipotesi del suicidio di Martina è stata definita “incompleta e illogica”, è arrivata la condanna per i due 30enni presenti in quell’albergo il 3 agosto 2011. Ora, Vanneschi e Albertoni aspettano di conoscere i termini della condanna: è stato notificato il decreto di sospensione della pena in attesa che venga stabilità la modalità di espiazione, e i legali hanno già avanzato una richiesta.

Come riportano numerose fonti, i due condannati per tentato stupro chiedono l’affidamento ai servizi sociali. Un provvedimento “per fare un esempio eclatante, del tutto simile a quello scelto anni fa da Silvio Berlusconi” ha riferito uno dei legali citato da RaiNews24. Un modo quindi per evitare il carcere dopo la condanna, visto che sarebbe incompatibile l’ipotesi di scontare un anno propedeutico ai servizi sociali: “È escluso categoricamente come riportato sul decreto che sospende la pena. L’affidamento in prova ai servizi sociali è la misura che farà poi espiare loro la condanna” dice l’avvocato.

Martina Rossi, condannati affidati ai servizi sociali? La replica del padre

Sulla vicenda si è espresso anche il padre di Martina Rossi, Bruno, che nei momenti dopo la sentenza della Cassazione con enorme dignità ha commentato così la fine del processo: “Non ci deve essere più nessuno che possa permettere di far del male a una donna e passarla liscia. Ora posso dire a Martina che il suo papà è triste perché lei non c’è più, ma anche soddisfatto perché il nostro paese è riuscito a fare giustizia“.

È già soddisfatto così, quindi, tanto che la notizia che i due condannati potrebbero essere affidati ai servizi sociali non lo tange. “Di tenerli in galera non mi interessa – le sue parole riportate da TgCom24quello che importa è che giustizia sia stata fatta e che l’immagine di mia figlia sia stata ripulita“. Lo stesso, ha poi ricordato inoltre che manca ancora un tassello alla vicenda: “a Genova è in corso il processo per gli amici di Albertoni e Vanneschi, che erano con loro in Spagna e che hanno raccontato un sacco di bugie“.

Morte di Martina Rossi, i legali dei condannati si rivolgeranno all’UE

La famiglia di Martina sente di aver trovato giustizia, verità per la morte della figlia. Tuttavia, i legali dei due 30enni aretini promettono ancora battaglia. Dopo la sentenza, “Luca Vanneschi è molto provato dopo dieci anni di quella che ha definito ‘gogna mediatica’. Ora Luca spera di trovare in Europa quella giustizia che non ha trovato in Italia” ha detto l’avvocato Stefano Buricchi come riportato da TgCom24.

Il passaggio successivo alla Cassazione, massimo e ultimo grado di giudizio per la giustizia italiana, è infatti rivolgersi ad una corte “superiore”: “Ho ricevuto mandato dal mio assistito di fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo“. In questo modo, sperano gli avvocati, “verificheremo se ci sono anche i termini per la revisione del processo visto che abbiamo ben 24 testi della difesa che non sono stati ascoltati, compresa la cameriera spagnola che raccontò di aver assistito alla caduta“.

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