Vai al contenuto

Draghi al Quirinale possibile, si pensa già al nuovo governo: i nomi su cui si discute per Palazzo Chigi

Pubblicato: 22/01/2022 15:48

Week end frenetico per la politica, che si trova a due giorni dall’inizio delle votazioni per il presidente della Repubblica senza nessun accordo per il successore di Mattarella. Il nodo è duro da sciogliere, dato che il principale candidato, Mario Draghi, che sarebbe una soluzione di compromesso accettabile, apre domande abissali sulla tenuta del governo. I parlamentari non vogliono tornare al voto, e questo è certo, quindi per superare l’impasse serve un accordo sul futuro. Cosa succederà se Draghi traslocasse effettivamente al Quirinale? Il patto di legislatura come clausola per mandare il presidente del Consiglio sul Colle più alto è la vera questione su cui si sta discutendo in queste ore.

Ok a Draghi al Quirinale ma solo con un patto di legislatura per un nuovo governo

Niente spaventa le forze politiche di ogni colore più che la prospettiva di un ritorno alle urne prima del 2023. È questa l’ipoteca che pesa sulla candidatura di Mario Draghi per le elezioni del presidente della Repubblica, carica a cui il premier aspirerebbe. A mettere sul tavolo un necessario patto di legislatura è stato Enrico Letta, che ha invitato le forze politiche a ragionare su un continuo del governo per aprire la strada al premier, ipotesi preferita dal segretario PD.

La questione è stata affrontata anche durante l’incontro tra Letta e Matteo Renzi, con il segretario di Italia Viva che invita Draghi a dare rassicurazioni sulla legislatura. La vera questione, dunque, non sarebbe tanto chi salirebbe sul Colle, ma chi guiderebbe il nuovo governo. Si fanno già ipotesi sulle personalità che potrebbero prendere il posto di Draghi a Palazzo Chigi.

Da Marta Cartabia a Vittorio Colao: i ministri per Palazzo Chigi

Quindi, in caso Draghi ce la facesse, i partiti devono aver pronto un piano B per il governo, per cui le elezioni anticipate sono escluse. I nomi più papabili che circolano in queste ore sono quelli dei ministri del governo dell’ex presidente della BCE. Marta Cartabia è in vetta alle classifiche, sia per il profilo istituzionale, sia perché gradita a Mattarella.

La ministra della Giustizia, 56 anni, potrebbe essere la prima donna a Palazzo Chigi, ma altre ipotesi danno per ben piazzato anche Vittorio Colao, manager al momento al vertice del dicastero per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale. Fuori corsa invece i ministri Franco, occupato con il difficile dossier dell’Economia, troppo delicato per una staffetta, e il leghista Giorgetti, apprezzato ma su cui ci sarebbe il veto di una parte dell’attuale maggioranza.

Governo, ministri e trattative: il Quirinale problematico

Lunedì si aprirà un’elezione per il capo dello Stato quantomai improbabile. Nessuna forza politica ha la forza di imporre un candidato e i partiti hanno atteso fino all’ultimo secondo utile per trovare una convergenza. Le trattative sono difficile, con il centrodestra che punta a un nome della sua rosa dopo il presumibile passo indietro di Berlusconi, ma che già prospetta la vittoria di Draghi. A questo punto il focus politico va cambiato e Matteo Salvini sembra stia già pensando a quale ruolo ritagliarsi dentro il nuovo governo.

Il leader della Lega vorrebbe la sua bandierina sugli Interni, ma un ritorno come ministro sembra poco sicuro, anche perché cadrebbe l’anno prima delle elezioni. Alla Sicurezza interna quindi potrebbe andare un fedelissimo, come Nicola Molteni.

L’ipoteca tecnocratica che non piace alla politica

Tramonta invece l’idea di un governo dei leader, arrangiamento che vorrebbe dentro tutti i vertici dei partiti della maggioranza, preoccupati delle ricadute sulle elezioni. Un’ipotesi nata morta, eppure il problema rimane: la politica sarebbe stanca di sentirsi “commissariata” dai tecnocrati, e vorrebbe rilanciare la sua predominanza. Un tecnico al Quirinale e un altro tecnico (o un’altra tecnica) a Palazzo Chigi è una prospettiva che non scalda i cuori.

Si fanno spazio dunque nomi più tradizionali per guidare l’esecutivo, come i vicari dei partiti, da Di Maio a Brunetta. Prospettiva di difficile attuazione perché richiederebbe un accordo tra i partiti sempre più contrapposti, ma non impossibile. È grande confusione che regna su queste elezioni del presidente della Repubblica: ogni strada viene battuta e nessuna viene scartata.

Ultimo Aggiornamento: 22/01/2022 15:49