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Dj Fabo e suicidio assistito a 5 anni dalla sua morte: la storia del terribile incidente e della disastrosa situazione dell’Italia

Pubblicato: 27/02/2022 07:03

Dj Fabo si spegneva il 27 febbraio 2017, in una clinica svizzera perché l’Italia gli ha sempre negato la possibilità di essere libero di scegliere di porre fine a una sofferenza durata anni. Chi era dj Fabo prima dell’incidente che lo ha reso cieco e tetraplegico e a che punto è l’Italia in tema di eutanasia e suicidio assistito.

Dj Fabo, chi è e cosa è successo durante il terribile incidente

Il vero nome di dj Fabo è Fabiano Antoniani. Nasce a Milano e scopre la passione per la musica già a 7 anni. Passione che lo porta a diventare conosciuto come dj Fabo e a lavorare prima a Ibiza come disk jockey e poi in tutto il mondo. Più di tutti si innamora dell’India, dove si trasferisce con la fidanzata Valeria. La sua vita dedicata alla musica si alterna tra India e Italia ed è proprio nella sua Milano che si spezza all’improvviso. È il 13 giugno 2014 quando Fabiano torna a casa dopo una serata trascorsa a lavorare in un locale milanese. Il cellulare gli sfugge dalle mani, così si china per raccoglierlo, senza la cintura di sicurezza. Un gesto che avrebbe dovuto richiedere poco tempo, una “piccola distrazione” che però in macchina può trasformarsi in un incidente tremendo. E, purtroppo, è ciò che accade al giovane dj Fabo.

Il calvario di dj Fabo per “essere libero di morire” e l’appello a Mattarella

Mentre dj Fabo è chinato per recuperare il cellulare, la sua macchina urta con violenza contro un’altra vettura. Fabiano viene sbalzato fuori dall’abitacolo riportando ferite gravissime. Quando si risveglia, è cieco e tetraplegico. Non può più muoversi né sentire nulla. È alimentato con un sondino. Il suo corpo si trasforma in una prigione per un ragazzo che ha sempre amato viaggiare, uscire con gli amici e vivere con la sua musica. La sua fidanzata, Valeria, resta al suo fianco. A gennaio 2017, è la stessa Valeria a prestare la sua voce per lanciare un appello a Sergio Mattarella, in cui dj Fabo dichiara di voler “essere libero di morire”. Incapace di tornare a muoversi e immerso nel buio dei suoi occhi che non vedono più, Fabiano ribadisce: “Ho lottato, ma ora voglio morire”.

L’Associazione Luca Coscioni e il suicidio assistito di dj Fabo in Svizzera

Grazie al supporto costante di Valeria, dj Fabo entra in contatto con l’Associazione Luca Coscioni e scopre la possibilità di accedere al suicidio assistito. In Svizzera però, non Italia, perché il nostro Paese non gli consente di ottenere la libertà dal suo corpo, dalla sua prigione. Neanche l’appello al Presidente Mattarella ha infatti potuto smuovere la situazione del nostro Paese. Come scrive su Twitter il 27 febbraio 2017, “Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato purtroppo con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che mi ha sollevato da questo inferno di dolore, di dolore e di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie Marco, grazie mille”. Cappato è esponente dei Radicali e dell’Associazione Luca Coscioni e, come racconta sul suo Facebook, “Fabo mi ha chiesto di accompagnarlo in Svizzera. Ho detto di sì. […] Ha morso un pulsante per attivare l’immissione del farmaco letale: era molto in ansia perché temeva, non vedendo il pulsante essendo cieco, di non riuscirci”.

La situazione dell’Italia e l’ “inammissibilità” del referendum per l’eutanasia legale

Marco Cappato si autodenuncia il 1° marzo 2017: rischia dai 5 a 12 anni per aiuto al suicidio. L’assoluzione arriverà il 23 dicembre 2019 perché il fatto non sussiste, ma questa vicenda non è ancora abbastanza perché la legge italiana cambi le sue disposizioni sul suicidio assistito e sull’eutanasia. L’Italia ha perso un’occasione storica proprio pochi giorni fa, il 15 febbraio, quando la Corte Costituzionale ha respinto il referendum sull’eutanasia legale perché “inammissibile”, scegliendo così di ignorare le volontà di oltre 1,2 milioni di cittadini e le voci di persone come dj Fabo che hanno vissuto la sofferenza più profonda. Il referendum chiede di abrogare parzialmente l’articolo 579, eliminando così il reato di omicidio nei casi di eutanasia.

A che punto è la legge sul suicidio assistito in Italia: lo spettro di un ennesimo passo indietro

L’eutanasia, che significa “buona morte”, consiste nell’atto di procurare la morte di una persona che ne abbia fatto esplicita richiesta, un atto da compiere in modo intenzionale e nell’interesse della persona. Il suicidio assistito è invece l’assunzione di un farmaco letale, che viene compiuta dal paziente stesso. Al momento, nessuna delle due strade è percorribile in Italia. La strada dell’eutanasia è stata sbarrata dalla scelta della Corte Costituzionale, in sprezzo alla sofferenza di persone come Eluana Englaro ridotte in stato vegetativo e impossibilitate a ricorrere al suicidio assistito. Il suicidio assistito è invece ancora in attesa di una legge, da basare sulla sentenza in seguito alla morte di dj Fabo. L’Associazione Luca Coscioni denuncia come l’attuale testo in discussione al Parlamento sia un passo indietro per i diritti dei pazienti, perché introduce restrizioni e condizioni aggiuntive per accedere al suicidio assistito. In particolare, il testo richiede che le “sofferenze intollerabili devono essere necessariamente sia di natura fisica che psicologica” e che sia istituito l’obbligo di sottoporsi ad un percorso di cure palliative prima di poter ricorrere al suicidio assistito. Insomma, per il Parlamento non sembra possibile scegliere fino a che punto si è disposti a soffrire, adottando un’esaltazione della sofferenza quasi religiosa, che mal si concilia con un Paese che dovrebbe essere laico e democratico.