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Eluana Englaro, 13 anni dopo per il fine vita è ancora battaglia: il referendum sull’eutanasia legale lo dimostra

Pubblicato: 09/02/2022 08:29

Il 9 febbraio segna l’anniversario della morte di Eluana Englaro, un nome che è diventato sinonimo di una battaglia civile, sociale e normativa che va avanti da anni. Il fine vita, con il riconoscimento del diritto a morire a Englaro, è salito prepotentemente nel dibattito dell’opinione pubblica e, 13 anni dopo quel giorno, siamo oggi qui alla soglia del referendum per l’eutanasia legale. L’Associazione Luca Coscioni, che ha supportato il padre di Eluana, Beppino Englaro, nel suo percorso per il riconoscimento della dignità di essere umano a sua figlia, è in prima linea per la difesa delle scelte di fine vita. Grazie al caso Englaro sono stati fatti passi avanti, anche nella giurisprudenza, in merito al testamento biologico e oggi L’Associazione Coscioni combatte per ampliare quella sfera di diritti della persona che ancora non sono pienamente rispettati.

Eluana Englaro, il caso che ha cambiato la storia del fine vita in Italia

Eluana Englaro aveva 21 anni quando un incidente stradale stravolse la sua vita e quella dei genitori, il 18 novembre 1992. L’universitaria è finita in quello che viene definito stato vegetativo permanente, senza nessuna percezione del mondo circostante e affetta da paresi dalla nuca in giù, nutrita tramite sondino naso-gastrico. La condizione di Eluana, che non presentava nessuna speranza di miglioramento, ha convinto i genitori a intraprendere una battaglia legale per far sì che alla figlia fosse riconosciuta la dignità come persona, che il suo stato le negava. Nel 1999, Beppino Englaro, tutore legale della giovane, a cui nel frattempo era stata riconosciuta l’assoluta incapacità, chiede formalmente che venga interrotta l’alimentazione artificiale che teneva in vita la figlia.

La questione principale ha ruotato intorno al concetto di “cura medica”, non essendo considerati tali gli strumenti tramite cui veniva nutrita Eluana, che tra l’altro respirava autonomamente. Il trattamento sanitario infatti è al centro dell’articolo 32 della Costituzione a cui si è appellato Beppino Englaro, che ha dovuto attendere il 2006 affinché la Corte di Cassazione annullasse le sentenze di rigetto dell’interruzione dell’alimentazione artificiale del Tribunale di Lecco e della Corte d’Appello. Le precondizioni che gli ermellini hanno individuato come necessarie per procedere con la sospensione dei trattamenti sanitari e dell’alimentazione sono due.

Innanzitutto, lo stato vegetativo deve essere ritenuto, secondo i parametri scientifici più rigorosi, clinicamente irreversibile. Soprattuto, deve essere riconosciuta la volontà del paziente, che in caso sia incosciente deve essere ricostruita in base alla sua personalità e al suo stile di vita. È stato questo il grande avanzamento portato dal caso di Eluana Englaro che, dopo la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione artificiali, si è spenta il 9 febbraio 2009.

A che punto siamo oggi, 13 anni dopo Eluana Englaro

La riflessione bioetica continua, mentre il riconoscimento dei diritti sul fine vita è una strada in salita. Nonostante i progressi compiuti dal giorno della sentenza della Cassazione, la resistenza degli organi istituzionali dello Stato era e rimane incessante. Si è arrivati alla votazione di un disegno di legge in tempi record che di fatto vietava la sospensione dell’alimentazione forzata, bloccato solo dalla morte di Englaro nelle stesse ore. Lo stesso Parlamento ha promosso la legge sul testamento biologico, che riconosce per tutti il diritto all’interruzione delle terapie, se in grado di intendere e di volere o in caso contrario ricostruendo la volontà della persona, solo nel 2017. Una legge che lascia comunque molto spazio per l’interpretazione e che non basta a sopperire a lacune gravi.

La stessa lotta contro l’avanzamento di diritti inalienabili la vediamo oggi nei casi che si muovono sullo stesso terreno. Lo dimostra la vicenda di Mario, 43enne tetraplegico da più di 10 anni, che si vede negato il diritto al suicidio assistito nonostante un lungo procedimento giudiziario per l’inerzia dell’ASUR Marche. L’uomo è arrivato a denunciare il Comitato etico e l’Azienda sanitaria regionale per il reato di tortura, e rimane in attesa che venga rispettato il suo desiderio di vedersi riconosciuta la dignità. All’orizzonte c’è un’altra tappa fondamentale di questo percorso, il referendum sull’eutanasia, promosso sempre dall’Associazione Luca Coscioni e che vede un forte sostegno di intellettuali, artisti e personalità pubbliche. La raccolta firme ha visto l’adesione di più di un milione e 200mila persone, e il 15 febbraio la Corte Costituzionale si pronuncerà sull’ammissibilità del quesito referendario. In caso di via libera, i cittadini saranno chiamati a esprimersi per sopperire alle gravi violazioni dei diritti di tutti.

Una riflessione sul caso di Eluana Englaro

Sono passati 13 anni dalla morte di Eluana Englaro e il rispetto delle volontà di fine vita è per molti ancora un miraggio. La tutela di uno dei più importanti diritti umani, quello alla dignità della persona, è riconosciuta sia dalla nostra Costituzione ma anche dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Il concetto, infatti, travalica le definizione giuridiche e afferisce a una sfera più privata di tutti noi.

Decidere come vivere, ma soprattutto come morire in condizioni di sofferenza insopportabile e irreversibilità della patologia, dovrebbe appunto essere una riflessione scevra da imposizioni culturali e religiose universalistiche, ma inerente alla persona e al suo vissuto. Non possiamo che sperare nella maggiore consapevolezza derivante dai progressi scientifici e sociali per mettere di nuovo al centro l’essere umano, non l’individualismo, ma la considerazione delle persone in tutta la loro complessità. E rispettarne le scelte come vorremmo fossero rispettate le nostre.

Ultimo Aggiornamento: 09/02/2022 09:58