La guerra in Ucraina ha riportato alla mente lo spettro del disastro di Chernobyl e l’incubo di una minaccia nucleare. Ma come stanno le cose in Italia rispetto a questo rischio? Secondo quanto spiegato dal capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, nel Paese c’è un sistema con una precisa tempistica di aggiornamento e monitoraggio. Si tratta di un’architettura di azioni, predisposte per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari, che individua le misure atte a fronteggiare le conseguenze di incidenti in impianti nucleari al di fuori del territorio nazionale. “Speriamo di non doverlo attuare” ha aggiunto Curcio in conferenza stampa sulla crisi tra Mosca e Kiev.
Rischio nucleare, in Italia c’è un piano di difesa per le emergenze
Il 4 marzo scorso, durante una conferenza stampa per illustrare il piano di accoglienza dei civili ucraini in fuga dalla guerra, il Capo Dipartimento della Protezione civile ha risposto a una domanda relativa allo stato dell’arte, in Italia, davanti alla eventualità di una minaccia nucleare.
Fabrizio Curcio ha parlato dell’esistenza di un sistema dedicato a questo tipo di scenario: “Il Paese è allertato sotto tutti i punti di vista, noi oggi ci occupiamo di accoglienza, assistenza e soccorso, ma ovviamente il Paese è attrezzato ad altri livelli. È evidente che sia il Ministero dell’Interno sia il Dipartimento di Protezione civile sia i governi territoriali a tutti i livelli hanno dei ruoli in tutti gli scenari che dovessero presentarsi“.
Sul tema del pericolo radioattività, Curcio ha inoltre precisato che “l’Italia è in stretto contatto con gli organismi internazionali, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, abbiamo la rete di rilevamento del corpo nazionale dei Vigili del fuoco“, parte di un piano di monitoraggio in continuo aggiornamento.
Come funziona il sistema nazionale per rischio radiologico e nucleare in Italia
Il sistema di difesa si sviluppa intorno al Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari e prevede che l’Italia, in qualità di Stato membro dell’Unione Europea, sia connessa al più ampio quadro di scambio rapido di informazioni “ECURIE” (European Community Urgent Radiological Information Exchange).
Nel corso della conferenza stampa sulla crisi in Ucraina, Curcio ha spiegato quanto segue: “Noi facciamo degli scenari quotidianamente, insieme alle agenzie, e il piano radiologico nazionale c’è e vige dal 2010. Nei mesi scorsi avevamo iniziato una revisione, che è in fase di definizione, ma il piano è attivo e funzionante, abbiamo in approvazione un ulteriore aggiornamento. Siamo pronti, vorremmo non essere pronti ad attuarlo, il piano esiste ma speriamo che non debba essere attuato“.
Cosa prevede il Piano nazionale per l’emergenza in caso di incidente nucleare
Il Piano nazionale è redatto dal Dipartimento della Protezione civile e viene aggiornato ogni 3 anni, con il coinvolgimento dei Vigili del Fuoco e delle Prefetture. L’impegno italiano sul fronte della gestione di eventuali scenari di emergenza nucleare rientra in un quadro di accordi internazionali e si traduce nell’adesione alle Convenzioni Internazionali della IAEA (International Atomic Energy Agency) e punta alla messa in campo di alcune azioni chiave.
Anzitutto l’informazione corretta e tempestiva sul rischio radiologico e nucleare, secondo cui la popolazione deve essere informata sui piani d’emergenza e sulle norme da seguire in caso di incidente. L’informazione avviene in due fasi: preventiva (relativamente agli aspetti della pianificazione e alle misure protettive necessarie in caso di necessità) e in emergenza (in materia di comportamenti da adottare per ridurre l’esposizione alle radiazioni ionizzanti).
In caso di attivazione della fase di allarme, le autorità competenti per la gestione dell’emergenza devono produrre un quadro che focalizzi anzitutto i seguenti punti: i territori regionali potenzialmente interessati dalla nube radioattiva, i livelli ipotizzati di contaminazione di aria, suolo e acqua. Contestualmente si procede alla stima del tempo necessario affinché la nube raggiunga il territorio italiano e la valutazione delle conseguenze sanitarie ipotizzabili.
“Lo scenario risultante – si legge nel piano nazionale – è trasmesso alle Regioni per concordare con esse l’attuazione di misure protettive quali salvaguardia della popolazione (riparo al chiuso, restrizioni al consumo di alimenti); distribuzione di iodio stabile (iodoprofilassi); misure relative alla commercializzazione e al consumo di prodotti agroalimentari; informazione e comunicazione al pubblico; interventi sul bestiame“. Per iodoprofilassi si intende la somministrazione di composti di iodio stabile (tipicamente ioduro di potassio) per prevenire o ridurre l’assunzione di isotopi radioattivi dello Iodio nella tiroide in caso di incidenti nucleari.