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Gaia Tortora parla del processo al padre Enzo: “È stato un trauma, ci hanno tolto molte cose”

Pubblicato: 31/10/2023 09:30
Malagiustizia e responsabilità dei magistrati in Italia, perché negli ultimi 40 anni non è cambiato nulla: il caso Tortora insegna

The Social Post ha parlato con Gaia Tortora a margine della presentazione del suo libro “Testa Alta e avanti. In cerca di giustizia, storia della mia famiglia” (Mondadori). Ospite all’Università della Tuscia, nella serie di incontri per “Lezioni di democrazia 2023”, la giornalista (è vice direttrice del Tg de La7) ha ripercorso la lunga storia giudiziaria – cinque anni, un calvario – affrontata dai suoi familiari dopo l’arresto del padre, avvenuto nel 1983 quando Enzo Tortora era tra i più popolari presentatori della tv italiana. Arresto che fu mostrato allora a favore di telecamere e fotografi, con le accuse di associazione a delinquere e spaccio di droga mosse da alcuni pentiti della camorra napoletana.

Tortora, perché questo libro lo ha scritto dopo 40 anni dall’inizio di tutto?

“Io avevo 14 anni quando avvenne improvvisamente un fatto che cambiò la nostra vita per sempre. E dico per sempre. Oggi cerco di immaginare come avrebbe potuto essere la mia vita se non fosse successo quel fatto: quando mi è stato chiesto di scrivere un libro su questa storia ha detto sì perché ho ritenuto che fosse il momento adatto. A 50 anni, dopo esser stata soldato per tanti anni, avevo la forza per poter affrontare l’aspetto pubblico e privato di quanto accaduto. Oggi posso dirlo: è stato un trauma, parola che mi sono concessa solo da poco tempo”.

È corretto parlare di caso di malagiustizia?

“La parola malagiustizia c’è nel libro, ma io preferisco parlare di accanimento giudiziario di una certa Procura (quella di Napoli, ndr) e di certa informazione. Tutto ciò ha distrutto un uomo, a noi invece sono mancate molte cose e non per colpa nostra. A una famiglia normale: i miei si erano separati ma senza rotture, frequentavo molto mio padre in un rapporto civilissimo e in un contesto senza alcuna esaltazione da grande celebrità. Per questo fu scontato affrontare tutti insieme la difesa di un componente della famiglia, ognuno con un ruolo. Del resto io avevo due alternative: o andavo avanti lottando o prendevo una strada sbagliata, come accade oggi a molti. Ma io ho detto no perché con me avevo quei valori”.

Che valori aveva, anzi ha ancora quella famiglia?

“È una famiglia che ringrazio sempre per averci dato la forza di avere le spalle, e il cervello, al posto giusto. Io ancora oggi nella giustizia ci credo, anche perché per dei giudici come quelli ce ne sono tantissimi che credono nella giustizia e fanno il loro lavoro nell’ombra. Io non voglio più avere paura della giustizia, ma troppe persone che incappano in casi legali hanno paura di lottare per uscirne fuori. E’ un percorso lungo, costa tanti soldi ed è complicato, deve essere molto più veloce. E teniamo presente che nel 2023 abbiano sfondato il record dei suicidi nelle carceri, che sono ancora come le vidi io 40 anni fa con papà”.

Come si riesce a guardare al dopo, in una situazione con episodi di vita che ti segnano per sempre?

“Come un soldato in guerra. Non avevo il tempo per pensare a questo, l’ho fatto dopo molti anni quando ho iniziato ad avere dei cedimenti. Non ho avuto mai paura o vergogna però di tornare alla normalità. Mio padre viene arrestato in una maxi retata sulla Nuova camorra organizzata con oltre 800 fermi, dei quali poche decine sono poi stati confermati. Erano accuse mosse dalle dichiarazioni di due cialtroni, poi diventati undici, che ottenevano benefici ogni volta che raccontavano cose nuove. C’era chi diede loro credito ma per motivi estranei alla giustizia”.

Tortora, anche per la sua battaglia sulla giustizia, fu candidato ed eletto col Partito Radicale di Pannella alle elezioni europee. Ma subito dopo la sentenza di appello che confermava la condanna, si dimise e fece decadere l’immunità parlamentare.

“Perché voleva essere giudicato da libero cittadino. Infatti tornò agli arresti domiciliari sino alla sentenza della Cassazione, che arrivò solo nel 1988. Fu una cosa fuori dal tempo: penso a quello che accade oggi, tempi in cui nessuno si dimette proprio perché ha paura di essere considerato già colpevole in presenza di un’accusa”.

Il ruolo dell’informazione nella vicenda Tortora?

“Dopo aver visto quella mattina al Tg2 mio padre, o meglio uno che sembrava mio padre, in manette trascinato tra due carabinieri, con una scena perfettamente preparata, quel tipo di informazione connivente di quello schifo di Procura fu per noi devastante. Ma oggi io faccio la giornalista e mi infurio se qualche giovane collega trae conclusioni affrettate o senza le dovute verifiche su notizie che toccano la libertà delle persone”.

Nel 1989 Tortora morì per i problemi di cuore, un anno dopo la definitiva assoluzione, e con lui finì la storica trasmissione “Portobello”. Quella del pappagallo che non parlava mai…

“Non è vero che non parlasse, parlava eccome quando si facevano le prove. Alle quali assistevo spesso con mia sorella. Diceva anche le parolacce ma in trasmissione, davanti alle luci e ai tanti che lo interrogavano, aveva paura e stava zitto”.

È stato importante l’aiuto della religione?

“Io sono buddista e quando un aiuto ti arriva lo senti e ti abbraccia, Però mi ricordo che, per la mia innata curiosità, ho riempito certi vuoti dell’anima durante la malattia di mia sorella (morta a 59 anni, ndr) e spesso entravo in chiesa. Non sapevo perché e l’ho chiesto a un sacerdote amico, che mi ha detto: “Entra e fai quello che ti senti”. Dove c’è una forma di spiritualità io ci entro e mi sento bene”.

Gli attacchi di panico durante le conduzione del Tg La7?

“Sono cose che arrivano anche in momenti in cui si è tranquilli, più o meno. Io all’inizio pensai a cose legate allo stress o ad altro, ma dopo una serie di cose capisco che c’è un problema da affrontare. Quando Mentana mi dice di condurre il telegiornale il sabato e la domenica tutto si complica: ho attacchi per un anno e mezzo di fila, resisto ma a un certo punto arrivano nell’anteprima dei titoli e durante i titoli. La mia testa mi diceva che da lì a poco sarei stata male e, nonostante tutte le mie scuse e i tanti farmaci che assumevo, ho affrontato tutto curandomi. Quel male l’ho superato e lo gestisco, e soprattutto ho imparato a parlarne, molti non lo fanno. Con la forza e il coraggio che ho mostrato di avere”.

Sulla presentazione alla Camera dell’operazione Rai del documentario su Enzo Tortora lei è stata molto critica.

“Tutto nasce dalla presenza di un’altra signora (l’ultima compagna di Enzo Tortora, ndr) che si è comportata in maniera inqualificabile. Io avevo detto dall’inizio che questa presentazione era una cosa orchestrata per dare 48 ore di visibilità a qualcuno. Tanto che tutti ritenevano un po’ strano un documentario senza la figlia. Molti si sono fatti della domande e soprattutto hanno capito che non era il caso di strumentalizzare il caso Tortora per ragioni politiche di una sola parte”.

Ultimo Aggiornamento: 31/10/2023 09:39