
Una testa di capretto con una lunga lama infilzata è stata trovata all’ingresso dell’abitazione della giudice delle indagini preliminari del tribunale di Lecce Maria Francesca Mariano, già oggetto di minacce in passato. La notizia è riportata dal Nuovo quotidiano di Puglia.
Il magistrato è già sotto scorta per precedenti intimidazioni. Su un cartello, accanto ai resti dell’animale, la scritta su un cartoncino: ”Così”. La testa dell’animale sarebbe stata ritrovata la notte tra giovedì e venerdì dalla stessa magistrata che poi ha avvisato le forze dell’ordine.
Insieme alla giudice Mariano è finita sotto scorta per le minacce ricevute anche la titolare dell’inchiesta, la pm Carmen Ruggiero. Sul grave episodio sta indagando la Squadra Mobile.
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Su cosa stava indagando Mariano

Le intimidazioni che la giudice riceve sarebbero legate alle indagini che hanno portato all’operazione antimafia con cui lo scorso 17 luglio furono arrestate 22 persone del clan Lamendola-Cantanna ritenuto organico alla Scu.
Lo spaccio di droga era il core business dell’organizzazione criminale, capeggiata da Gianluca Lamendola, nipote del mesagnese Carlo Cantanna, disarticolata il 18 luglio dello scorso anno a seguito della maxioperazione dei carabinieri della Compagnia di San Vito dei Normanni che ha portato a 22 arresti. Erano 39, complessivamente, le persone indagate.
Le indagini preliminari, erano state coordinate e dirette dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce e sviluppate in piena sinergia con la Direzione centrale per i servizi antidroga del ministero dell’Interno, e avevano permesso di acquisire elementi di prova su una presunta attività di traffico di sostanze stupefacenti attraverso cui sarebbero stati accumulati ingenti capitali che poi, oltre a essere redistribuiti alle famiglie dei detenuti. Una storia su cui il magistrato Maria Francesca Mariano aveva lavorato duramente e su cui era riuscita a portare a casa risultati soddisfacenti.
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