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Omicidio Mario Cerciello Rega, inizia il processo d’appello bis. Ma per Finnegan altri guai…

Pubblicato: 08/03/2024 16:30

In Corte d’Assise a Roma si è aperto il processo bis per l’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, ucciso con 11 coltellate nel luglio 2019 nel quartiere Prati. La Cassazione ha stabilito un nuovo procedimento di secondo grado nei confronti dei due cittadini americani Lee Elder Finnegan e Gabriele Natale Hjorth, accusati del delitto del vicebrigadiere.

Ma ora emerge un altro elemento che potrebbe inasprire ulteriormente la posizione di uno dei due. Finnegan Lee Elder, è stato denunciato per aver utilizzato in cella un cellulare che gli era stato prestato da un detenuto. Anche lui è stato denunciato. Il fatto è avvenuto nei giorni di Natale e Finnegan è stato scoperto dagli agenti della polizia penitenziaria. Il giovane americano stava parlando con la madre.

Fissata per il 10 aprile prossimo la requisitoria del procuratore generale. La prima udienza, questa mattina davanti ai giudici della Corte di Assise d’Appello di Roma, presenti in aula gli imputati, con i loro familiari ad assistere fra il pubblico, oltre alla vedova del carabiniere e all’assistente delegato del console degli Stati Uniti, si è aperta con la relazione del presidente che ha evidenziato gli elementi principali segnalati dalla Cassazione.
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Nota degli avvocati di Finnegan

“Nel nuovo processo d’appello i giudici dovranno rileggere i fatti sulla base alle indicazioni della Corte di
Cassazione. Auspichiamo, quindi, che si possa arrivare finalmente ad una sentenza che fotografi
correttamente quanto accaduto – hanno dichiarato gli avvocati della difesa Elder, Renato Borzone e Roberto
Capra – La Suprema Corte è stata molto chiara e ha stabilito che la notte del 26 luglio 2019 i due ragazzi
americani non hanno potuto comprendere di avere davanti due appartenenti alle forze dell’ordine e che i
carabinieri Cerciello Rega e Andrea Varriale, in borghese, non hanno estratto e mostrato i loro tesserini di
riconoscimento.
Si tratta di un passaggio che sposta, in direzione della verità, la lettura del fatto nel suo complesso.
Finnegan, che all’epoca aveva appena compiuto 19 anni, ha sempre dichiarato di non aver capito che si
trattasse di carabinieri e di aver reagito ad un tentativo di bloccaggio, sentendosi in pericolo di vita.
Siamo ben consapevoli che questo processo è collegato alla tragedia della morte di un rappresentante dello
Stato, ma abbiamo comunque ritenuto giusto continuare a batterci per far emergere la verità che, secondo
noi, era già evidente nelle carte processuali”.
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