Una battaglia che va avanti da anni, quella tra gli italiani e i temuti autovelox. Nati come strumenti per limitare la velocità ed evitare pericolosi incidenti, soprattutto a ridosso di aree abitate e attraversamenti, ma che nell’immaginario collettivo hanno assunto via via il ruolo di “macchine da multe”. Con tanto di proteste in tanti Comuni e, alle volte, anche atti di vero e proprio vandalismo. Comunque la si veda, la Cassazione ha recentemente stabilito, con una sentenza, un nuovo criterio che può portare all’annullamento delle sanzioni in alcuni casi specifici. Ecco quali.
Stando a quanto stabilito dalla Cassazione con l’ordinanza 10505/2024 del 19 aprile, che ritiene illegittima la prassi finora applicata dalla polizia, le multe per eccesso di velocità non sono valide se l’autovelox non è stato «omologato» ma soltanto «approvato». Nello stabilirlo, la Corte Suprema ha fatto riferimento all’articolo 142 comma 6 del Codice della strada, che prevede esplicitamente che le apparecchiature di rilevamento debbano essere «debitamente omologate», garantendo così una maggiore trasparenza ma anche certezza nell’elevazione delle multe stradali.
Tradotto, gli autovelox necessitano di essere sottoposti ad accurati test in laboratorio prima di ricevere l’omologazione ministeriale. Una decisione in contrasto con quanto affermato dal ministero delle Infrastrutture fin qui: la tesi era che «approvazione» e «omologazione» fossero la stessa cosa (circolare n. 8176/2020). Una circolare ministeriale non può però prevalere sul Codice della strada: per questo motivo, le multe elevate attraverso Autovelox solo «approvati» sono da considerarsi illegittime. Cosa possono fare gli automobilisti? Il ricorso può essere presentato entro 60 giorni dal ricevimento del verbale dinanzi al Prefetto, o entro 30 dinanzi al giudice di pace.
