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Corsa al riarmo record nel 2023: non c’è aria (e voglia?) di pace nel mondo di oggi

Pubblicato: 23/04/2024 13:33

Coniugare spesa per gli armamenti e pace nel mondo appare già complicato, al limite dell’incompatibilità. Se poi viene rilevato che il 2023 è passato alla storia come l’anno dell’aumento record della spesa militare globale, una fine dei conflitti armati sul pianeta appare poco più di una speranza. Con le somme dei finanziamenti destinati al riarmo, da parte dei singoli stati, che forniscono una classifica con qualche sorpresa. A cominciare dall’Italia.

Il Rapporto dell’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri), recentemente pubblicato, certifica che due guerre tra le molte in corso – una in Europa e l’altra nel Medioriente – vedono schierati sulla scena, anche se non direttamente, i “grandi” della Terra. Il loro coinvolgimento si concretizza nelle forniture di armi a Israele e all’Ucraina, principalmente, da parte degli Stati Uniti e dei Paesi europei in primis; ma non vanno dimenticati stati apparentemente secondari sulla scena globale, come Iran e Cina, per aggiungere poi l’incognita Corea del Nord. Né che la corsa al riarmo veda molto impegnati Paesi che confinano con la Russia-Bielorussia o con l’Ucraina.

Cifre spaventose: i dati del Sipri

Il Sipri è ritenuto uno tra i più autorevoli istituti indipendenti che si occupano di ricerca e di analisi della sicurezza globale. Da questa attività è emerso che nel 2023 si sono spesi in armamenti 2.443 miliardi di dollari (circa 2.293 miliardi di euro). Lo stesso Sipri, nel sottolineare che si tratta di una somma enorme, pari al 2,3% del Prodotto interno lordo globale, stima un aumento del 6,8% di quella stessa spesa rispetto al 2022. “Era dal 2009 che non accadeva e, sempre per la prima volta dal 2009, quella spesa è aumentata in tutte le cinque regioni geografiche. Non c’è zona del mondo in cui le cose siano migliorate”, hanno rilevato i ricercatori del Sipri.

Rispetto alle guerre in corso, con i tanti stati coinvolti direttamente o indirettamente per ragioni di strategia geopolitica, l’istituto pone la lente sui fatti degli ultimi due anni. Nel corso dei quali sono scesi in campo anche nazioni che possiedono ordigni nucleari, Israele e Russia su tutti. Ma il Sipri richiama l’attenzione sulla Corea del Nord, potenza militare e nucleare, e sull’Iran che da anni sta perseguendo ogni sforzo per arrivare a rendere efficace in chiave bellica i progressi sul nucleare.

riarmo

Dal report Sipri 2023 viene evidenziato che in valore assoluto i 15 Stati che nell’anno scorso hanno speso di più sono Stati Uniti (con 860 miliardi di euro, +2,3% rispetto al 2022), la Cina (278 miliardi, +6%), la Russia (102 miliardi, +24%), l’India (78,6 miliardi, +4,2%), l’Arabia Saudita (71,2 miliardi, +4,3%), il Regno Unito (70,4 miliardi, +4,3%), la Germania (62,8 miliardi, +9%), l’Ucraina (60,9 miliardi, + 51%), la Francia (57,6 miliardi, +6,5%), il Giappone (47,2%, +11%), la Corea del Sud (45 miliardi, +1,1%).

Tra chi, rispetto all’anno precedente ha speso meno soldi per le armi spicca l’Italia con33,3 miliardi di euro (-5,9% rispetto al 2022). In valore assoluto è seguita dall’Australia (30,3 miliardi, -1,5%), dalla Polonia (29,7 miliardi spesi, con un significativo +75%) e da Israele (25,8 miliardi, +24%). La spesa militare italiananel 2023 è quindi diminuita, anche se dal 2014 è salita del 31%. Mentre l’Unione Europea, nel complesso, ha destinato 295,2 miliardi di euro alle armi (+20% sul 2022, + 50% sul 2014). L’analisi spiega che gli europei assicurano il 28% della spesa militare dei 31 Paesi della Nato, alleanza che spende nel totale 1.260 miliardi di euro (il 55% del totale mondiale). Da rilevare poi che gli Usa coprono da soli il 37% della spesa mondiale e il 68% di quella della Nato.

Citazione a parte per la Corea del Nord, che come spiegano dal Sipri “dello Stato più segreto al mondo non esistono cifre ufficiali”. E quindi Pyongyang non figura in classifica, ma si stima che spenderebbe per la difesa il 16% del Pil (equivarrebbe a meno di 5 miliardi di euro l’anno).

Ancor più interessante può apparire la classifica della corsa agli armamenti se si analizza il rapporto spesa armamenti/Pil, ovvero quante delle risorse prodotte da ogni nazione finiscono nel proprio arsenale militare. Quasi scontato che sia l’Ucraina (con il 37% del suo Pil) ha guidare la lista, seguita – sorprendentemente? – dall’ Algeria (8,2%), dall’Arabia Saudita (7,1%), dalla Russia (5,9%), dall’Oman (5,4%) e da Israele (5,3%). Altrettanto indicativo l’elenco degli stati che negli ultimi dieci anni hanno incrementato la propria spesa militare. Anche qui, dopo l’Ucraina (+1.272%) spuntano la Polonia (+181%), la Danimarca (+108%), Romania (+95%) e la Finlandia (+ 92%): quattro di questi sono confinanti con la Russia o con l’Ucraina.

Come spiegato dal ricercatore Nan Tian del Sipri, si è registrato “l’aumento anno su anno più forte dal 2009. È un riflesso del deterioramento della pace e della sicurezza in tutto il mondo. Non c’è davvero una regione in cui le cose siano migliorate”. Allo stato attuale delle guerre in corso non appare plausibile ipotizzare per il futuro report sul 2024 dei dati meno allarmanti.