
“L’ho afferrata per le ginocchia e l’ho sollevata oltre la ringhiera”. Queste le parole di Andrea Favero agli uomini della polizia stradale e della squadra mobile di Padova, spiegando la dinamica dell’omicidio della compagna e madre di suo figlio. A riportarle è il Corriere del Veneto. Quello di Giada Zanola, dunque, sarebbe l’ennesimo femminicidio.
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Favero ha ritrattato la confessione
Una confessione, quella di Favero, poi ritrattata davanti al pm Giorgio Falcone: l’uomo ha parlato infatti di un vuoto di memoria su quanto accaduto in quel momento, in piena notte (erano le 3.30 circa) sul cavalcavia dell’autostrada A4.Le ammissioni di Favero, spiega ancora il Corriere, non possono essere utilizzate come prova durante un eventuale processo, ma fanno comunque parte degli indizi inseriti negli atti contenuti nell’ordinanza di custodia cautelare.

Il silenzio davanti a pm e gip
Nei successivi interrogatori Favero si è avvalso della facoltà di non rispondere e ha cambiato avvocato, revocando il mandato al legale d’ufficio. È stato tutto un susseguirsi di vuoti e “non ricordo”, fatta eccezione per le minacce di portargli via il bambino che Giada gli avrebbe rivolto. “In quel momento io avevo solo mio figlio nella testa”, avrebbe riferito. Un figlio privato per sempre della presenza di sua madre. La scelta di Giada di annullare il matrimonio previsto per il prossimo settembre, di interrompere la relazione, il nuovo lavoro, insomma, la sua volontà di autodeterminarsi, sarebbero alla base del movente del suo femminicidio.
La tragedia ha sconvolto la comunità locale, che conosceva bene Giada e la sua famiglia. La donna, descritta come una madre amorevole e una persona impegnata, lascia un vuoto incolmabile. Le circostanze della sua morte e il dramma familiare che ne è derivato hanno sollevato molte domande e preoccupazioni. Mentre le autorità continuano a indagare, amici e familiari di Giada cercano di trovare risposte e giustizia per una vita spezzata in modo così tragico e improvviso.