
Il gup di Palermo ha condannato a 14 anni di carcere Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità a Matteo Messina Denaro. Bonafede era imputato di associazione mafiosa e concorso in falso. L’accusa era rappresentata dai pm Gianluca De Leo e Piero Padova.
Andrea Bonafede è stato arrestato nel gennaio del 2023 nell’ambito dell’inchiesta sui fiancheggiatori di Messina Denaro coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido. Oltre a consegnare all’ex latitante la sua carta di identità per consentirgli di ottenere un falso documento e a dargli la tessera sanitaria necessaria per le terapie e le visite mediche alle quali il boss doveva sottoporsi, Bonafede ha acquistato – per sua stessa ammissione – la casa di Campobello di Mazara in cui Messina Denaro ha trascorso l’ultimo periodo della latitanza, gli ha dato il bancomat permettendogli di fare delle spese, gli ha fatto comprare la Giulietta sulla quale viaggiava.

Nel corso delle indagini la posizione del geometra si è aggravata. Dagli elementi raccolti dai magistrati, infatti, è emerso che Bonafede era a disposizione del capomafia da ben prima del suo arresto.
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Chiesti 15 anni per Laura Bonafede

La Procura di Palermo ha chiesto la condanna a 15 anni di carcere per Laura Bonafede, la maestra di Campobello di Mazara, sentimentalmente legata a Matteo Messina Denaro. La Bonafede, figlia dello storico boss del paese, Leonardo, è accusata di associazione mafiosa. Secondo le accuse, la donna per 30 anni avrebbe protetto la latitanza del boss. Era stata arrestata a metà aprile 2023 in un blitz. In base a quello che hanno scoperto gli investigatori, Laura Bonafede e Matteo Messina Denaro hanno convissuto per diverso tempo. Lei è figlia di un altro boss, Leonardo, che è morto da vari anni, e ne aveva sposato un altro ancora, Salvatore Gentile, ergastolano dagli anni ’90.
I due, insieme alla figlia della donna, Martina Gentile, ai domiciliari per favoreggiamento e procurata inosservanza della pena, avrebbero vissuto insieme e si sarebbero comunque sempre frequentati. “Eravamo una famiglia”, scriveva il boss in un pizzino diretto a Blu, uno dei nomi in codice usati per la maestra. Lei si occupava del sostentamento e della sicurezza del capo mafioso, facendogli la spesa durante la pandemia nel timore che si ammalasse e non potesse uscire di casa, condivideva con lui linguaggi cifrati, segretissimi pizzini, affari e informazioni sulla cosca.
La storia d’amore si era interrotta intorno al 2015, ma era rimasta una grande amicizia, confermata dalla corrispondenza tra i due. Ma quello di Laura Bonafede, che continuava a lavorare come maestra, non era un ruolo di secondo piano.