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Yara Gambirasio, parla la magistrata indagata: “Dentro a quelle 54 provette non c’è niente, inutile riaprire il caso”

Pubblicato: 29/07/2024 14:33
Yara Gambirasio magistrata provette

Nuovo colpo di scena nel caso dell’omicidio di Yara Gambirasio. Letizia Ruggeri, la magistrata che ha dato un volto all’assassino della 13enne di Brembate, risulta ora indagata per depistaggio e frode processuale per aver spostato diverse provette dal frigo dell’ospedale milanese San Raffaele all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo. “In quelle 54 provette non c’è più niente, non c’è più nulla che possa essere analizzato, perché il Dna di Bossetti che è stato utilizzato è stato tutto consumato nella fase delle indagini preliminari”, si difendeva così la Ruggeri nel 2021. Ma ora le sue parole tornano attuali, dopo che il Gip di Venezia Alberto Scaramuzza si è riservato la decisione sulla richiesta della Procura di archiviare la posizione del pm di Bergamo.
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“La custodia io l’ho fatta curare con le massime cautele fino al passaggio in giudicato della sentenza”, poi dopo la Cassazione arriva la decisione di custodire le provette a “temperatura ambiente” perché “non ho ritenuto di onerare lo Stato di una spesa inutile”, si legge nel verbale di Letizia Ruggeri del 10 marzo del 2021, firmato davanti all’allora procuratore vicario di Venezia Adelchi D’Ippolito. Verbale la cui versione integrale, rimasta finora inaccessibile, è stata ora divulgata dall’Adnkronos.

Yara Gambirasio, le dichiarazioni shock della magistrata

Il migliore Dna è stato utilizzato durante le indagini per addivenire a un profilo che fosse certo, che supportasse gli enormi costi che noi stavamo sostenendo. – spiegava nel 2021 la magistrata – Qualcosa magari si tira fuori, ma non con questa certezza in questi termini con cui mi viene prospettato adesso, nel modo più assoluto. Io so che era un materiale assolutamente…cioè i rimasugli assolutamente scadente, inidoneo per qualsiasi altra comparazione e ripetizione di esame”.

Il Dna di Bossetti, così bello, così limpido, di cui abbiamo parlato per tutte queste udienze, così inequivocabile, da quei reperti non verrà mai più fuori. Questo è quello che loro hanno detto a me. Per cui rimango veramente sorpresa. – proseguiva Letizia Ruggeri – Quella traccia genetica lampante, chiarissima e assolutamente inequivocabile su cui la Cassazione mette una pietra tombale contro Bossetti. Il nome del condannato è piovuto dal cielo, se non avessimo avuto il Dna non ci saremmo mai arrivati”. Una traccia mista, di vittima e carnefice trovata sugli slip della minorenne, di cui in aula si è parlato “per 45 udienze, ne abbiamo discusso molto approfonditamente e la sentenza della Cassazione fa piazza pulita di tutti i dubbi”, concludeva.

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