Il caso di Yara Gambirasio è tornato all’attenzione dei media grazie alla serie Netflix “Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio”, che esamina il controverso omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra. Nonostante siano trascorsi 14 anni dall’omicidio e vi sia una condanna definitiva, la vicenda continua a suscitare interesse e dibattito. Massimo Giuseppe Bossetti, muratore di Mapello, sposato e padre di tre figli, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara. Venne arrestato nel 2014, quattro anni dopo il crimine, a seguito di lunghe e complesse indagini. La svolta decisiva nel caso fu il ritrovamento del DNA di Bossetti sugli indumenti intimi della vittima, un elemento che divenne il fulcro dell’accusa. Il profilo genetico di Bossetti ha giocato un ruolo chiave nel processo, costituendo la prova principale che ha convinto i giudici della sua colpevolezza. Tuttavia, la serie Netflix solleva dubbi e interrogativi sul caso, esplorando possibili incongruenze e altri elementi che potrebbero mettere in discussione il verdetto finale.
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Nella serie Netflix Bossetti, che mai ha ammesso l’omicidio di Yara, ha una parte da protagonista, tanto che per l’avvocato della famiglia Gambirasio si tratta di un prodotto costruito proprio per convincere della sua innocenza.
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“Mi ha fatto molto emozionare – scrive Bossetti -. Descrivere l’angoscia che ho provato nel vederlo è quasi impossibile, il cuore ora come allora mi scoppia dentro”. E ripercorre, di nuovo, anche i momenti dell’arresto: “Prima la paura. Tanti, tanti militari tutti addosso a me che non capivo nemmeno cosa stesse succedendo. Poi, sdraiato nella mia branda, nelle solitudini, nelle sofferenze delle mie notti quasi a scandire con forza il passare del tempo”. Quindi la richiesta di partecipare alla serie tv: “Quando davanti alle telecamere avrei voluto raccontare tutto, svuotare il sacco delle emozioni, batteva tanto forte che i fonici hanno dovuto interrompere le riprese: il battito era troppo forte. Disturbava i microfoni. Rivedermi, rivivere ogni istante fa male, ma voglio ringraziare per avermi dato voce”.