Quindici motivi per lasciare Filippo Turetta. Questa è la lista che Giulia Cecchettin, il 31 luglio di un anno fa, aveva scritto per convincersi di aver preso la decisione giusta. A poche settimane dalla sua tragica morte per mano dell’ex fidanzato, quella lista racconta i segnali di una relazione tossica. «Vuole che gli scriva molte volte al giorno, non accetta le uscite con le mie amiche. Ha idee strane riguardo il farsi giustizia da soli», annotava Giulia. Parole che, lette oggi, risuonano come una profezia inascoltata. Nonostante la rottura, la giovane cercava di non ferire ulteriormente il suo ex: «Non voglio fare un tira e molla insensato, ma mi manca e sto male al pensiero di farlo soffrire». Tra i motivi scritti, emerge un quadro inquietante: controllo costante, minacce durante le discussioni, e un bisogno ossessivo di sapere tutto di lei. Filippo Turetta, però, riuscì a leggere quella lista, violando la privacy di Giulia. Pochi giorni dopo, avrebbe pianificato l’omicidio, stilando una sua lista con i dettagli del delitto.
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Un delitto premeditato
L’11 novembre 2023, la tragedia. Filippo Turetta, dopo giorni di preparazione meticolosa, ha messo in atto il suo piano. La “lista delle cose” che aveva scritto il 7 novembre includeva scotch, coltelli, sacchi neri e persino mappe per la fuga. Ogni passo è stato documentato: dal pieno di benzina all’occultamento del corpo di Giulia vicino al lago di Barcis. Un delitto premeditato, cruento e senza possibilità di redenzione immediata. La requisitoria del pm Andrea Petroni, in Corte d’Assise a Venezia, ha ricostruito ogni dettaglio: 75 coltellate, delle quali 25 di difesa. «C’è premeditazione, crudeltà e stalking. Non c’è alternativa all’ergastolo», ha dichiarato il pm. La narrazione ha svelato la brutale escalation di un’ossessione di possesso.
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Un processo carico di dolore
In aula, Filippo Turetta ha ascoltato a capo chino, senza interagire neppure con i propri legali. Il pm ha invitato la Corte a rileggere i dialoghi via social tra i due: Giulia confidava alle amiche di avere paura, mentre Turetta la minacciava e si atteggiava a vittima. Le parti civili, rappresentate dalla famiglia di Giulia, hanno chiesto un risarcimento complessivo di 2.150.000 euro. Ma più del denaro, la famiglia vuole che la vicenda di Giulia diventi un simbolo di lotta contro la violenza di genere.
Attesa per la sentenza finale
Il processo si avvia verso la conclusione: il 3 dicembre è prevista la sentenza. La difesa di Turetta potrebbe tentare la strada della giustizia riparativa, un percorso che non escluderebbe l’ergastolo ma aprirebbe uno spiraglio per una possibile redenzione dopo 26 anni. Quella di Giulia Cecchettin è una storia che scuote, un monito che richiama all’urgenza di riconoscere i segnali di una relazione pericolosa. Le sue parole e il sacrificio della sua vita restano un grido contro ogni forma di oppressione e violenza.