
La Presidente del Consiglio, il Ministro della Giustizia, quello degli Interni ed il sottosegretario con delega ai Servizi, una volta segreti, tutti iscritti in qualità di indagati al Tribunale dei Ministri. Il caso che lega le massime autorità del Governo è quello relativo al cittadino libico, responsabile di torture secondo la Corte Internazionale dell’Aja, riaccompagnato con un Falcon della nostra Intelligence in Libia. Per questo Meloni è compagni sono indagati per favoreggiamento nei confronti del ricercato libico, e peculato per avere incautamente usato un aereo di Stato.
Alle cinque de la tarda, avrebbe detto Garcia Lorca, scoppia una bomba di dimensioni ciclopiche nelle istituzioni italiane, nella guerra in corso tra politica e magistratura, nell’immagine dell’Italia, mezzo governo indagato, all’estero. Si attende un twitter di Elon Musk, o almeno di Stroppa detto l’oracolo. La Meloni da la notizia sfottendo il procuratore capo di Roma, Lo Voi, autore della missiva che lei mostra sui social promettendo, minacciando, comunicando che non si farà intimidire e non si interromperà il cambiamento. La Meloni è l’unica politica pura, uno Piantedosi è un Prefetto e gli altri due sono ex magistrati. Mai lo scontro tra politica e magistratura aveva toccato queste vette, onestamente incomprensibili per un Paese di lunga traduzione occidentale, culla del diritto da oltre 2000 anni. Lo si potrebbe capire in Georgia ma non con Giorgia, that’s incredibile.
L’avviso di Lo Voi è conseguente alla denuncia dell’avvocato Li Gotti, famoso avvocato ex parlamentare. Entrambi sono siciliani, e tutto questo sa di antichità della fase fondativa della Repubblica, tutto torna alle origini, con la Sicilia laboratorio. Si entrerà nelle disamine giuridiche, se Nordio ha sbagliato volutamente o meno a non intervenire nel processo al libico, per cui è stato scarcerato dalla corte italiana una volta arrestato, se era corretto o meno riaccompagnarlo, con aereo di Stato, in Libia visto che era ricercato dalla Corte penale internazionale, se è uno scontro tra poteri dello Stato in seguito alla separazione delle carriere, se l’esposto era pilotato e c’è un regista. Ovviamente nel polverone, nei complottismi, nelle grida delle opposizioni il cittadino ne esce estraniato senza capirne nulla.
Poi c’è il dato politico. La Meloni non è una persona che convocherà riunioni, tavoli o caminetti, segreterie politiche. Agirà, dopo una notte ed una giornata di valutazioni, con il suo naturale istinto politico, che non è poco. E potrebbe cogliere la palla al balzo dell’attuale momento internazionale. Diventare la leader contro una visione del mondo in perfetto stile trumpiano, e dopo aver rassegnato le dimissioni davanti ad un altro siciliano, e così il cerchio si chiude, chiedere con veemenza il lavoro delle urne. E questo è il classico incidente, un po’ eclatante, che poteva essere la scusa per evitare un logoramento che lentamente la stava stringendo tra riforme difficili, dati del PIL al ribasso, dazi in arrivo e bollette energetiche costosissime. In questo momento la Meloni la vuole il carro vincente internazionale, Elon e Trump, e gli italiani se votassero oggi gli darebbero più o meno del 26% di due anni e mezzo fa? E gli alleati terranno? Questa è l’analisi che lei farà, e son conti ovviamente difficili da fare, ma molto probabili. Rimanere a logorarsi o trovare un nemico contro cui scagliarsi, vista la sostanziale inconsistenza delle opposizioni?
Certo se la mossa Li Gotti è organizzata dalla magistratura italiana, e serve ad interrompere la legislatura che gli sta separando le carriere, potrebbe diventare un boomerang se la Meloni la butta in politica e ci porta al voto. Perché se lei vince le elezioni dopo questo attacco, perché tutti lo percepiscono come tale, avrà un mandato preciso, inchiodarli definitivamente. E questa vicenda porterà ridurre lo scontro politico esclusivamente sulla giustizia e non sull’economia e sui servizi, cosa che sarà il male peggiore per l’opposizione, che ancora non sa se andare divisi o uniti.