
La sentenza: “Il fatto non sussiste”
L’ex primario di ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento, Saverio Tateo, e la sua vice Liliana Mereu sono stati assolti dall’accusa di maltrattamenti continuati e in concorso ai danni di 21 tra medici, infermieri e ostetriche, di cui 10 si erano costituiti parte civile. La decisione è stata presa dal gup Marco Tamburrino, che ha applicato l’articolo 530, comma due, del codice di procedura penale, stabilendo che “il fatto non sussiste”.
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Tra le presunte vittime figurava anche Sara Pedri, la giovane ginecologa forlivese scomparsa il 4 marzo 2021. Secondo l’ipotesi più accreditata, la dottoressa si sarebbe tolta la vita nel lago di Santa Giustina, in Val di Non, dove è stata trovata la sua auto, ma il corpo non è mai stato recuperato.
La richiesta della Procura e le reazioni
La Procura di Trento aveva richiesto una condanna a 4 anni, 2 mesi e 20 giorni per entrambi gli imputati, sostenendo che nel reparto da loro diretto si respirasse “un clima oppressivo”. Durante la requisitoria, i pm avevano sottolineato che “c’è voluto il morto per far emergere questa situazione”.
La famiglia di Sara Pedri aveva accolto con favore la richiesta dell’accusa, ribadendo la necessità di introdurre il mobbing come reato nel sistema giuridico italiano.
Il legale della famiglia Pedri, Nicodemo Gentile, ha commentato la sentenza con prudenza: “Rispettiamo le decisioni dei giudici, ma attendiamo le motivazioni”. Ha poi aggiunto: “Sapevamo che il rilievo penale del mobbing non è di facile individuazione e che nel nostro ordinamento manca una fattispecie autonoma di reato. Vedremo cosa deciderà la Procura”.
Il dramma di Sara Pedri
Il giorno prima della sua scomparsa, Sara Pedri si era dimessa dall’azienda sanitaria di Trento, dopo appena 100 giorni di servizio. Secondo la famiglia, la decisione della 31enne è stata dettata da maltrattamenti e vessazioni subiti all’interno del reparto.
La sorella Emanuela Pedri, in un’intervista rilasciata a Repubblica, ha descritto un ambiente lavorativo caratterizzato da ritmi estenuanti, aggressioni verbali, isolamento e persino percosse in sala operatoria con strumenti medici.
A supportare questa tesi, numerose testimonianze di operatori sanitari che hanno parlato apertamente del clima lavorativo tossico nel reparto diretto da Tateo, portando la Procura ad avviare un’indagine nei confronti del primario e della sua vice.
“Mia sorella non è scomparsa, sappiamo che ha compiuto un gesto estremo. Lei è in fondo al lago, ma poteva essere salvata”, ha dichiarato con dolore Emanuela Pedri.
Prossimi passi e sviluppi
Con la sentenza di assoluzione, il procedimento giudiziario nei confronti di Tateo e Mereu sembra chiudersi, ma resta aperto il dibattito sulla tutela dei lavoratori negli ambienti ospedalieri e sulla necessità di riconoscere il mobbing come reato penale.
La famiglia di Sara Pedri attende ora di leggere le motivazioni della sentenza e di valutare eventuali passi successivi.